Cosa sono le conversioni di calibro per la legge italiana? Fanno cumulo con le armi da fuoco o no? E cosa accade all’arma, dal punto di vista legale, nel momento in cui si monta la conversione?
Le conversioni di calibro sono vecchie in pratica quanto le armi da fuoco a retrocarica e hanno sempre avuto una certa diffusione tra gli appassionati d’armi. Nella maggior parte dei casi servono per sparare con la propria arma un calibro più piccolo rispetto a quello normale, per economizzare i costi del tiro o consentire l’allenamento in impianti con minor lunghezza della linea. In altri casi, le conversioni di calibro consentono per esempio a un’arma da caccia di affrontare un diverso tipo di selvaggina o a un’arma sportiva di affrontare una differente disciplina del tiro, in altri casi ancora il calibro della conversione è il medesimo dell’arma “base” e la differenza è costituita semplicemente dalla lunghezza di canna, per esempio.
Per la legge italiana, le conversioni di calibro (che, a seconda dei casi, possono comprendere solo la canna, oppure canna, otturatore, caricatore e magari molla di recupero) NON sono considerate armi da fuoco, bensì parti d’arma (eventualmente “insiemi di parti”, se oltre alla canna c’è l’otturatore). Ne consegue che devono essere contrassegnate con un numero di matricola e senz’altro devono essere denunciate entro 72 ore dall’acquisto, ma NON fanno cumulo sulla denuncia con le armi che già si detengono. Quindi, per esempio, se tizio ha in denuncia tre armi comuni, potrà senz’altro acquistare una conversione di calibro per una di queste armi senza dover richiedere una licenza di collezione, perché le armi comuni che possiede sono sempre e soltanto tre.
Dal momento che le conversioni di calibro non sono armi, risulta evidente che non siano soggette alla classificazione da parte del Banco di prova, in quanto già sono classificate le armi sulle quali le conversioni sono destinate a essere montate. C’è un altro aspetto, tuttavia, che merita di essere approfondito: dal momento che non sono armi, bensì parti d’arma, le conversioni non hanno una specifica categoria europea. Ne consegue che il montaggio della conversione, o meglio l’arma con la conversione montata, non cambia di categoria. Per fare un paio di esempi pratici: è chiaro che nel momento in cui montiamo su un Ar15 in .223 Remington una conversione calibro .22 lr, il problema non si pone, perché l’arma sarebbe B9 comunque. Se l’arma è sportiva, continuerà a essere sportiva, se l’arma è comune, continuerà a essere comune anche dopo l’installazione della conversione. Se, tuttavia, si installa una conversione (sempre per fare un esempio) calibro .22 lr su una carabina da caccia, la carabina continuerà a essere qualificata da caccia e continuerà ad avere la medesima categoria europea, ma con la conversione montata NON potrà essere utilizzata a caccia perché il calibro .22 lr NON è calibro ammesso per la caccia ai sensi della legge 157/92. La conversione potrà essere acquistata, e utilizzata, in qualsiasi calibro che sia legalmente detenibile in Italia, sia che l’arma sulla quale dovrà essere montata sia di calibro più grosso, sia che sia di calibro più piccolo.
Un caso particolare è quello dei riduttori di calibro, che consentono sempre di utilizzare un calibro più piccolo nella propria arma, ma non sono conversioni vere e proprie. In alcuni casi si tratta di semplici bossoli in acciaio che consentono di sparare un calibro più piccolo in un’arma di calibro superiore (per esempio il .32 Smith & Wesson per pistola in una carabina in 7,62x54R), in altri casi si tratta di veri e propri manicotti che occupano tutta la lunghezza della canna (come i famosi Briley per sparare, per esempio, il calibro 36 in un fucile calibro 12). Ebbene, è opportuno ricordare che sia in un caso, sia nell’altro, i riduttori non sono considerati tecnicamente canne, in quanto non possono essere direttamente montati su un’arma bensì necessitano della canna “madre” per il funzionamento. Per la legge sono semplici accessori, di conseguenza non portano né obbligo di immatricolazione, né tantomeno di denuncia.