Nell'intervista rilasciata al Mattino di Napoli, il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico si è esibito in una sorta di "spot elettorale", vantando il proprio impegno nei confronti del controllo dei cittadini armati grazie al decreto antiterrorismo e "scaricando" i prefetti. Ecco il testo dell'intervista:
«Ma il folle che ha sparato all’impazzata a Napoli aveva presentato in Prefettura entro il 4 maggio scorso, cioè appena tredici giorni fa, il certificato medico-legale che attestasse di non essere affetto da malattia mentale oppure da vizi che avrebbero potuto diminuire, anche temporaneamente, la capacità di intendere o di volere? Così come prevede la recente legge antiterrorismo?»
Filippo Bubbico, vice ministro dell’Interno, parte subito dalla tragica attualità per sostenere che «spesso in Italia le leggi ci sono ma non vengono osservate». E in materia di possesso delle armi, c’è il decreto antiterrorismo che è diventato legge ad aprile scorso. È lui che, per conto del Governo, ha seguito l’iter parlamentare della legge antiterrorismo ma, soprattutto, è l’uomo del Governo che è diventato parafulmine della cosiddetta «lobby delle armi» proprio per aver proposto e difeso leggi più restrittive.
Onorevole Bubbico al folle di Napoli non bastava più solo il permesso al porto d’armi ma anche una supplementare conferma medico-legale?
«Proprio così. Per detenere un’arma, e mi pare che nella casa della tragedia vi fosse una sorta di arsenale, è diventata obbligatoria la visita medico-legale. Tutti coloro che conservano in casa armi, debbono certificare la sanità mentale ai fini delle detenzione. E la scadenza era il 4 maggio scorso».
Ci vuole sempre una tragedia in Italia per ribadire l’osservanza di una legge?
«Dispiace dover avere conferma dalla strage di Napoli della giustezza della linea di rigore adottata dal Governo, prima, e dal Parlamento, dopo, in materia di armi. Ci dissero che avremmo complicato la vita a quel milione e centomila italiani che possiedono un porto d’armi, ci accusarono di remare contro l’industria delle armi, ci addebitarono perfino la volontà di ledere il diritto alla libertà dell’hobby degli sport con le armi».
È necessario un altro giro di vite dopo la legge antiterrorismo?
«In Italia non si può legiferare sotto la spinta emotiva, nè tantomeno rincorrere modifiche legislative a seconda delle circostanze o dei casi che offre la cronaca. In materia di armi le leggi ci sono, bisogna applicarle. Il giro di vite sul possesso delle armi è stato fatto con la legge antiterrorismo che contiene significative modifiche al testo unico della pubblica sicurezza».
Ma questo controllo sul rispetto della legislazione a chi compete?
«Ai prefetti. Di qui l’invito ai prefetti di incentivare con rigore i controlli previsti dalla legge a partire dal rispetto della data del 4 maggio scorso per la presentazione dei certificati medico legali da parte dei soggetti che detengono le armi».
Un invito dal Viminale ai prefetti?
«In materia di armi si sono moltiplicati i controlli e le adozioni di atti amministrativi, da parte delle prefetture, spesso di revoca dei porto d’armi. Non può immaginare il contenzioso che esiste di fronte ai tribunali amministrativi regionali in materia di permessi e di detenzione delle armi. Quel che è confortante e che ormai la maggior parte delle sentenze dei giudici amministrativi confermano la legittimità degli atti delle prefetture sostenute da un indirizzo rigoroso ministeriale, anche con la puntuale costituzione in giudizio dell’avvocatura dello Stato».
Ma questi sono controlli successivi alla concessione del porto d’armi.
«Occorrerà gestire verifiche e controlli partendo dalle denunce di acquisto e possesso delle armi».
Basta solo un certificato medico-legale?
«No, il mantenimento delle condizioni di equilibro psico-fisico di chi detiene armi va verificato periodicamente, perchè tra una verifica e l’altra ci può essere stato qualche episodio destabilizzante per il soggetto. Quando il soggetto manifesta la volontà di potenza individuale anche attraverso la detenzione di armi allora scatta l’allarme. E questo dal punto di vista diagnostico psico-fisico è possibile accertarlo».
Dalle parole di Bubbico, possiamo senz'altro trarre alcune considerazioni. La prima, è che quando Bubbico fa riferimento alla legge antiterrorismo millantando una qualche utilità di tale provvedimento nel caso di specie, mente sapendo di mentire, perché la revisione periodica dei requisiti psicofisici per i meri detentori di armi è stata stabilita dai decreti legislativi 204/10 e 121/13, non certo dalla legge antiterrorismo. Anche perché, essendo la legge antiterrorismo (e in particolare gli emendamenti che riguardano le armi, che nel decreto originale non c'erano) entrata in vigore il 21 aprile, non si capisce come sarebbe stato possibile che oltre un milione di persone presentassero un certificato medico in una decina di giorni! Quando poi il viceministro fa riferimento al 4 maggio come termine per la presentazione dei certificati, sembra far finta di non ricordare che entro tale termine la revisione dei requisiti psicofisici era ben lungi dall'essere stata completata, tanto che lo scorso 30 aprile il ministero dell'Interno aveva emanato una apposita circolare proprio per gestire l'inevitabile ritardo. Dalle parole di Bubbico, pare proprio che a questo punto si voglia lasciare il "cerino in mano" ai prefetti, rei a questo punto di non aver completato la raccolta di tutti i certificati entro la data fatidica del 4 maggio (perché, semplicemente, non era possibile farlo con le risorse a disposizione). Inoltre, l'affermazione del viceministro relativa al fatto che dal punto di vista diagnostico sia possibile accertare situazioni limite legate alla detenzione di armi, sembra ancora una volta destituita di fondamento, almeno stando alle dichiarazioni rilasciate in passato da professionisti del settore, i quali hanno invece sottolineato l'estrema difficoltà di rilevare eventuali situazioni di pericolo potenziale sia con le visite ordinarie, sia con visite specialistiche.
Insomma, il viceministro sembra proprio aver sfruttato la tragedia di Napoli per un suo personalissimo spot elettorale, farcito di inesattezze e verità di comodo. Come operazione di sciacallaggio, non c'è male…