La Cassazione è tornata a occuparsi della nuova normativa sulla legittima difesa, stabilendo in particolare per i processi già in giudicato che…
Con sentenza n. 14161 pronunciata dalla prima sezione penale (udienza del 20 febbraio 2020), la Cassazione è tornata a occuparsi della nuova normativa in materia di legittima difesa, inquadrata però sotto una prospettiva molto particolare, che è quella relativa all’eventualità di revocare una sentenza di condanna già passata in giudicato, nel caso in cui si ritenga con l’attuale disciplina stabilita dalla legge n. 36 del 2019 operare la scriminante della legittima difesa che, invece, non fu ritenuta applicabile nel procedimento penale, con la formulazione normativa previgente. In pratica, la Cassazione ha escluso che la nuova normativa sulla legittima difesa possa consentire la revoca della condanna secondo quanto disposto dall’articolo 673 del codice di procedura penale (trattandosi in effetti di una normativa che ha modificato l’applicazione di una scriminante e non di una norma che abbia abolito un reato), bensì che potrebbe, però, operare quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 2 del codice penale, secondo il quale “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
Nel caso specifico, tuttavia, la possibilità di applicare questa soluzione è stata esclusa dai giudici perché, se è vero che il tribunale di merito non ha preso in considerazione questa prospettiva, comunque il soggetto ricorrente non aveva evidenziato nei motivi della richiesta “gli elementi circostanziali della fattispecie concreta che avrebbero consentito di integrare la “nuova” legittima difesa in suo favore, siccome emersi dalle sentenze di merito e da quella della Corte di cassazione”.
In altre parole, la Cassazione afferma che sarebbe possibile far cessare l’esecuzione e gli effetti penali di una sentenza di condanna che non abbia riconosciuto la scriminante della legittima difesa, utilizzando la nuova formulazione dell’articolo 52 del codice penale; per poter fare ciò, tuttavia, dalla lettura della sentenza di condanna dovranno potersi dedurre elementi documentali certi, attraverso i quali determinare che, se le nuove fattispecie fossero state operanti all’epoca, sarebbero risultate applicabili.
La sentenza conferma anche che la locuzione “sempre” aggiunta in merito alla sussistenza della proporzionalità tra offesa e difesa ha una valenza “semplicemente rafforzativa della presunzione di proporzione già prevista dalla norma”, fermo restando che “il pericolo dell’offesa ad un diritto personale o patrimoniale sia attuale e che l’impiego dell’arma sia concretamente necessario a difendere l’incolumità propria o altrui, ovvero anche soltanto i beni, ma, in tale ultima ipotesi, deve ricorrere un pericolo di aggressione personale e non deve esservi desistenza da parte dell’intruso”.
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