Le camere sono state sciolte e si va al voto. A quanti mi chiedono che fine ha fatto l’infausto ddl Amato rispondo come ho già accennato: torna nei cassetti del ministero dell’Interno. Quindi non va nel dimenticatoio, come si spererebbe. È lì in agguato, pronto a balzare fuori come le peggiori riforme italiane (“striscianti” o meno). In questo splendido Paese, profondamente illiberale, in cui la classe politica rappresenta assai spesso il peggio dei peggiori cittadini…
Le camere sono state sciolte e si va al voto. A quanti mi chiedono che fine ha
fatto l’infausto ddl Amato rispondo come ho già accennato: torna nei cassetti
del ministero dell’Interno. Quindi non va nel dimenticatoio, come si
spererebbe. È lì in agguato, pronto a balzare fuori come le peggiori riforme
italiane (“striscianti” o meno).
In questo splendido Paese, profondamente illiberale, in cui la classe politica
rappresenta assai spesso il peggio dei peggiori cittadini, è lecito attendersi
di tutto. Quello che segue non è un consiglio per il voto, ma un episodio che
ritengo interessante. La Lega Nord in Friuli Venezia Giulia ha chiesto di
autorizzare l’erogazione di contributi pubblici per l’acquisto di armi da
tenere in casa per autodifesa. «Lo Stato», ha dichiarato l’assessore alla
Sicurezza e Immigrazione della provincia di Pordenone, Danilo Narduzzi, «non
riesce più a garantire la sicurezza ai cittadini, e così il cittadino è
costretto a difendersi da solo. Almeno, lo Stato contribuisca economicamente
alla difesa personale delle famiglie che vogliono armarsi». I commenti, per par
condicio. Luigi Ferone, consigliere regionale del partito pensionati, eccepisce
che «i cittadini sono ampiamente impreparati, anche psicologicamente, all’uso
delle armi», e che «ben più logico sarebbe se la regione venisse incontro alle
esigenze delle nostre forze dell’ordine, sempre alle prese con problemi di
risorse, organici e mezzi». «Giusto difendersi in casa», è il commento del
coordinatore regionale di An, Roberto Menia, «ma erogare contributi pubblici è
una cosa che non ci sta». Fuori tema e anche disinformato, il commento del
segretario regionale Udc, Angelo Compagnon: «Inutile dare contributi per
acquistare qualcosa che per legge non si può usare». La bocciatura più netta
arriva dal Centrosinistra, che in Friuli detiene la maggioranza, per bocca del
segretario Ds Bruno Zvech: «Idea devastante e fuori da ogni orizzonte di
qualunque forza politica».
Eppure anche più a Sud del Friuli, a Roma, nel 2006, sono state avanzate 11.250
richieste di Porto d’armi, un vero record che, secondo un recentissimo studio
Eurispes, sarebbe determinato dall’approvazione della legge 59/06, con la
modifica dell’articolo 52 del codice penale relativo alla legittima difesa. I
cittadini vogliono difendersi, è un fatto. Naturalmente, poi, larghissima parte
delle loro richieste non vengono esaudite. Anche se, nello stesso studio, si
indicano in 3 milioni e 800 mila i semplici detentori di armi, magari ereditate.
Quante ne sentiremo di queste simpatiche esternazioni nei prossimi mesi! Ne
vedremo delle belle e noi cercheremo di vederci chiaro, a vantaggio dei
lettori, dei quasi 5 milioni di cittadini (più o meno) interessati e nostro.
Possiamo solo aggiungere che nel 2008 pare entrerà in funzione un sistema
elettronico via web che dovrebbe semplificare la vita agli appassionati d’armi,
agli armieri e agli operatori con le denunce e le istanze. Lo spieghiamo all’
interno. Speriamo solo che, per quanto “poliziesco” (nel senso che è stato
elaborato dal ministero dell’Interno), nelle pieghe del software non si sia
trovato il modo di limitare ulteriormente la libertà dei cittadini.
Sono molto affezionato a una definizione: “La libertà finisce quando comincia
quella dell’altro”. Ma in particolare quando mi occupo di armi, mi accorgo come
la mia “bolla” di libertà sia costantemente sforbiciata. Mica sempre, però:
proprio per la nostra cattiva immagine presso l’opinione pubblica, l’
impressione è che i governanti e i controllori preferiscano invadere spesso la
nostra area di libertà, ritenendoci potenziali fonti di pericolo. In realtà, lo
sappiamo, il pericolo viene da altre parti.
Ecco un esempio di come potrebbe essere, invece. E sarebbe bene che il
ministero dell’Interno prendesse buona nota. Il congresso Usa ha approvato una
modifica al cosiddetto “Nics act”, il provvedimento istitutivo del National
instant criminal background check system. È il database a livello federale, nel
quale risiedono le informazioni relative a soggetti che non possono detenere
armi, perché pregiudicati, congedati con disonore dalle forze armate o affetti
da patologie psichiche. La cosa importante è che si è resa obbligatoria la
rimozione dal Nics dei dati scaduti, errati o irrilevanti ed è stato proibito
di inserire nel database giudizi sulla psiche che si basino esclusivamente su
pareri medici, senza alcun tipo di indizio che dimostri la pericolosità dei
soggetti. Persino la National rifle association considera il provvedimento ben
realizzato e “idoneo a rendere ancora migliore una legge già buona”. Già, gli
Stati Uniti. Arriveremo a questo anche noi? La splendida Italia, madre del
diritto, meriterebbe azioni legislative illuminate come questa per cominciare
la sua trasformazione in senso liberale.