Linea dura sui cinghiali

Ecco i fatti e i commenti dopo il tragico incidente nel tratto autostradale di Lodi. “L’unica soluzione è il controllo”, dice Alberto Meriggi, professore associato di gestione e conservazione della fauna dell’università di Pavia Nella notte tra il 2 e il 3 gennaio un branco di cinghiali è sbucato nel mezzo dell'A1, nel tratto tra Lodi e Casalpusterlengo. Un morto e dieci feriti, tra cui tre bambini, è il triste bilancio di questa vera e propria irruzione dei selvatici sull’autostrada, che ha coinvolto tre auto. Dai sopralluoghi effettuati subito dopo l'incidente, la rete di protezione autostradale è risultata integra, dunque i cinghiali sarebbero passati sotto di essa. Sono circa 400 gli incidenti stradali provocati dai cinghiali in Lombardia dal 2013 a oggi, e già nella serata di ieri un altro branco di cinghiali ha attraversato l'A1 tra Fiorenzuola (Pc) e Fidenza (Pr). Uno degli animali è stato investito e ucciso da un'auto. Nell'incidente, che ha visto altre due vetture coinvolte, questa volta non ci sono stati feriti.
I quotidiani hanno al solito ipotizzato una serie di cause, della diffusione dei cinghiali: l'abbandono delle coltivazioni (non certo in quella zona) e l'aumento delle aree protette nonché della superficie forestale, la presenza di scarti alimentari e rifiuti organici che li attirerebbero. Anche se a spingerli in pianura sono con molta probabilità i rilasci incontrollati, cresciuti notevolmente. Lo afferma Alberto Meriggi, professore associato di gestione e conservazione della fauna dell’università di Pavia. «Il cinghiale è diventato un vero e proprio business per le aziende faunistiche di pianura che chiedono poi di essere autorizzate a eseguire il controllo per far cacciare, a pagamento, quanto più possibile». Per risolvere i molti problemi legati al cinghiale «bisognerebbe che nelle zone dove il coltivo è più del 50% del territorio i cinghiali siano eradicati, in quelle dove il coltivo è al 25% che si esegua il controllo delle popolazioni, che il bosco sia la zona vocata per gestire il cinghiale in maniera conservativa, attraverso la caccia in braccata. Il controllo e l’eradicazione non si possono affidare ai cacciatori i quali non ne hanno alcun interesse, ma tendono anzi a conservare. Occorre poi che il controllo sia pesante e mirato sulle classi più produttive come le femmine subadulte e adulte, altrimenti non fa altro che stimolare la risposta della popolazione: gli individui che rimangono hanno maggiori risorse e compensano le perdite. Qualcuno di questi individui magari arriva anche dal parco Ticino, dove si abbattono 600 cinghiali all’anno eppure sia i cinghiali sia i danni sono in crescita. Gli operatori che effettuano i controlli devono essere pagati per fare quel lavoro, devono avere il tempo e l’organico sufficiente e portare risultati tangibili…».
"Un piano per gestire la questione cinghiali e più in generale degli animali carnivori, è necessario e non più rinviabile", ha afferma il ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, Gian Marco Centinaio, dopo l’incidente, riferendosi probabilmente anche ai lupi. "Va bene tutelare la fauna, ma devono esserci delle limitazioni perché dobbiamo garantire la sicurezza delle persone, nelle campagne e nei centri abitati, oltre ovviamente ai campi e ai raccolti, frutto del lavoro di chi vive ogni giorno di questo. Non possiamo più permettere che si verifichino incidenti come quello avvenuto sull'A1. Continuerò a portare avanti il lavoro già avviato con i colleghi dei ministeri competenti nonché con le Regioni, per gestire al più presto e nel migliore dei modi una questione che va risolta il prima possibile".
L’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Fabio Rolfi, ricorda come la Regione abbia chiesto nel 2017 ai gestori autostradali controlli e monitoraggio delle recinzioni: “Questi incidenti si potrebbero evitare se la politica nazionale ascoltasse le richieste della Regione Lombardia e di chi vive sul territorio”, ovvero “riconoscere l’operatore volontario, ossia un cacciatore formato che consenta di ampliare l’attività di contenimento oggi in capo solo agli operatori della polizia provinciale. Non si può morire per un cinghiale in autostrada nel 2019”.
È in atto una vera e propria "escalation di danni, aggressioni e incidenti che causano anche vittime", secondo la Coldiretti, "risultato dell'incontrollata proliferazione degli animali selvatici”. Stando alle stime della confederazione il numero dei cinghiali presenti in Italia supera il milione. Negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia sarebbe praticamente raddoppiato "mettendo a rischio la sicurezza nelle aree rurali e urbane. Gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli, sterminano gli animali allevati, causano incidenti stradali per un totale di danni stimato in quasi 100 milioni di euro all'anno". Per la Coldiretti non è più solo una questione di risarcimenti, ma "è diventato un fatto di sicurezza delle persone che va affrontato con decisione. Ora, non ci sono più alibi per intervenire in modo concertato tra Ministeri e Regioni ed avviare un piano di abbattimento straordinario senza intralci amministrativi".
Dello stesso avviso la Confagricoltura. "Quanto successo è l'effetto del mancato controllo delle popolazioni di cinghiali che, nonostante gli appelli degli agricoltori, è stato sottovalutato", afferma il presidente, Massimiliano Giansanti. L'incidente, per Giansanti, evidenzia quanto sia "necessario intervenire con urgenza. Se ne parla da tempo, ma di fatto non sono state prese misure efficaci e concrete. Siamo di fronte all'ennesima colpevole disattenzione. Ci aspettiamo che si intervenga tempestivamente per debellare un fenomeno che nuoce alla sicurezza dei cittadini e all'economia del Paese".
"Il nuovo incidente mortale causato dal passaggio di un branco di cinghiali in autostrada A1 dimostra quanto sia diventato urgente intervenire sul problema degli animali selvatici e riformare la legge del 1992", afferma Cia-Agricoltori italiani. La questione animali selvatici è stata anche al centro dell'ultima assemblea nazionale di Cia dove è stato chiesto alle Istituzioni di ripensare alla normativa vigente, riformare gli ambiti territoriali venatori e superare il regime del de minimis nel rimborso dei danni agli agricoltori che, di fatto, paralizza il sistema.
“Siamo sgomenti per quanto accaduto e ribadiamo la nostra solidarietà alle persone rimaste coinvolte e ai loro familiari, tuttavia invitiamo le associazioni degli agricoltori, i cacciatori, i politici nazionali e locali a non strumentalizzare questa vicenda per chiedere insensate e antiscientifiche campagne di sterminio contro i cinghiali e gli altri selvatici, che peraltro non risolverebbero nulla”, dichiara l'Ente nazionale protezione animali, contrario nel modo più assoluto a colpi di mano sulla legge 157/92. Anche Massimo Vitturi, responsabile nazionale Lav fauna selvatica, si dice addolorato e poi: “Come Lav rivolgiamo un appello a tutte le autorità direttamente coinvolte affinché si cambi al più presto l’approccio nella gestione della fauna selvatica sviluppando e investendo in metodi di controllo incruento dei cinghiali. Le immissioni di cinghiali sul territorio e la caccia ovunque e tutto l’anno sono un errore e un fallimento, l’inefficacia è sotto gli occhi di tutti”.