Pur avendo già dimostrato un grande ottimismo nei confronti del nuovo governo (con la cautela d’obbligo) qui siamo oltre ogni più rosea previsione. Sembra sempre più certa, infatti, una convergenza politica di maggioranza e opposizione sulla reintroduzione dello storno tra le specie cacciabili. Lo ha chiesto, infatti, la commissione agricoltura della camera, votando all’unanimità una risoluzione presentata dal deputato Carlo Nola (pdl) con una correzione richiesta dal…
Pur avendo già dimostrato un grande ottimismo nei confronti del nuovo governo
(con la cautela d’obbligo) qui siamo oltre ogni più rosea previsione. Sembra
sempre più certa, infatti, una convergenza politica di maggioranza e
opposizione sulla reintroduzione dello storno tra le specie cacciabili. Lo ha
chiesto, infatti, la commissione agricoltura della camera, votando all’
unanimità una risoluzione presentata dal deputato Carlo Nola (pdl) con una
correzione richiesta dal pd e sottoscritta da tutti i componenti. «Il nostro
Paese», ha commentato la deputata del pd Susanna Cenni, «sta vivendo, ormai da
alcuni anni, una situazione che costringe regioni e province a fare i conti con
gli ingenti danni arrecati alle colture da questa specie dannosa ricorrendo
costantemente ad atti di deroga. Il ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro
si era mosso, già nella scorsa legislatura, per avviare le procedure in sede
comunitaria. La mozione votata in commissione impegna questo governo e l’
attuale ministro Luca Zaia a procedere». Meglio così. Intendiamoci: non è che
ce l’ho particolarmente con lo storno, mi limito a sottolineare l’incongruenza
del fatto che ambientalisti e benpensanti per anni hanno difeso il passeriforme
appellandosi alla Direttiva comunitaria e nei governi precedenti hanno sempre
trovato qualcuno che li appoggiava.
«Finalmente la politica comincia a dare risposte alle richieste non solo dei
cittadini-cacciatori, ma anche degli agricoltori», è stato il commento del
presidente Federcaccia, Franco Timo. Si dovrebbe ripartire proprio da qui, da
un rinnovato rapporto tra mondo venatorio e mondo agricolo. Mentre Sergio
Marini, presidente nazionale di Coldiretti, lancia l’allarme sul fatto che le
imprese agricole vengono lasciate sole dinanzi a una situazione che definisce
“assedio da parte dei selvatici”. E chiede alla pubblica amministrazione di
mettere in campo con urgenza soluzioni per garantire la selezione e il prelievo
degli animali in soprannumero e per accelerare le procedure di rimborso dei
danni. Occorrono senz’altro strumenti più aggiornati ed è, quindi, sempre d’
attualità la modifica alla 157/92.
Da un recente convegno a Pesaro è venuta fuori una proposta sensata. Anche
perché proviene proprio dal mondo agricolo. Da Andreotto Gaetani, esperto di
attività faunistico-venatorie della Confagricoltura: «Un gruppo di saggi “senza
targa” che siedano attorno a un tavolo per trovare soluzioni serie, perché
mettere d’accordo troppi parlamentari o consigli regionali diventa davvero
difficile». A quel convegno c’erano Osvaldo Veneziano, presidente di Arcicaccia
e Gianluca Dall’Olio, vicepresidente di Federcaccia. «Accolgo la proposta.
Tutte le sedi di confronto sono bene accette. Ma stiamo attenti a tenere
presente le esigenze di tutti i cacciatori italiani, rispettando i “picchetti”
della caccia sociale», ha risposto il primo. «Eletta una via non si può
ricorrere a un’altra», ha invece dichiarato a me il secondo. «Come è noto,
insieme con le associazioni che aderiscono alla Face, abbiamo elaborato un
eptalogo e dato mandato a una commissione presieduta dall’avvocato Innocenzo
Gorlani». Era il 5 luglio. Appena dieci giorni dopo il presidente Timo ha
scritto che: “non interessa da chi vengono le proposte di modifica, quello che
è indispensabile è che siano equilibrate, condivisibili e trasversali,
altrimenti sono destinate a non ottenere alcun risultato”. Siamo daccapo:
occorre un’azione concreta. Ma chi comincia? Di fronte all’impasse riprendono
vigore estremismi, moralismi e sensazionalismi…