Non sembra avere grandi effetti la lotta che le autorità britanniche stanno conducendo ormai da anni sulla circolazione dei coltelli e degli strumenti da punta e da taglio, in particolare tra i ragazzi. Tanto è vero che, dopo una “tregua” forzata dai confinamenti per il blocco totale della circolazione in seguito alla pandemia, stanno riesplodendo i casi di omicidio tra giovani e giovanissimi nella città di Londra, apparentemente senza controllo.
Il numero di omicidi di adolescenti, 17 finora nel 2021, non solo ha superato quello di tutto l’anno 2020 (anomalo però, come si è detto, per la scarsa circolazione delle persone), ma secondo le proiezioni rischia di superare i valori del 2019 (26 casi), ma anche di rappresentare il record assoluto del decennio, superando anche i numeri del vero annus horribilis del nuovo millennio, cioè i 28 casi del 2008.
Due terzi dei ragazzi deceduti è di colore e, sui 17, ben 15 sono caduti sotto colpi di coltello. La vittima più giovane è il 14enne Fares Maatou, ucciso con una replica di spada samurai lo scorso aprile: a essere accusato del delitto è stato un altro 14enne.
Urge una riflessione
Questi drammatici dati si accompagnano, come sempre, a urgenti appelli a fermare la violenza che, come spesso avviene, si concentrano sull’oggetto utilizzato per commetterli, cioè il coltello. Evidentemente si ritiene che nel momento in cui ragazzi di 14, 15 anni girano in città con una spregiudicatezza e un cinismo tale da non avere problemi a sgozzare o pugnalare un coetaneo, togliere loro lo strumento specifico di lesività possa servire a qualcosa. Come se, tra l’altro, si possa pensare di riuscire a togliere i coltelli da tutte le cucine del Regno unito.
In realtà, la distribuzione in termini etnici e di età di questi fatti drammatici suggerisce da un lato una integrazione che, ben lungi dall’essere compiuta nei fatti, ormai fatica anche a poter essere millantata semplicemente di nome, e si accompagna ad altri elementi estremamente significativi, riportati dai vertici delle forze dell’ordine, relativi cioè al muro di omertà che le relative comunità nell’ambito delle quali maturano questi fatti, vengono eretti quando si tratta di collaborare per trovare i colpevoli o impedire che questi fatti possano essere perpetrati. Si tratta, quindi, di comunità estremamente “chiuse” nei confronti del tessuto sociale cittadino e delle relative autorità, comunità che preferiscono “regolare i loro conti” senza avvalersi degli strumenti che la legge mette a disposizione dei cittadini e mostrando una evidente sfiducia nell’apparato repressivo e preventivo delle autorità.
Continuate, mi raccomando, a credere che il problema siano i coltelli…