Un progetto faraonico per una scuola concepita in modo da rendere il più difficile possibili i mass shooting. Una vera “cattedrale nel deserto” che non servirà a niente, perché…
La città di Fruitport, nel Michigan, sarà probabilmente la prima degli Stati Uniti a disporre di un nuovo edificio scolastico appositamente progettato allo scopo di ridurre il più possibile i “mass shooting” nel caso in cui un folle armato dovesse farvi irruzione. L’edificio, che si prevede sia completato nel 2021, avrà una capienza di 850 studenti. Tra le misure di contrasto ai mass shooting, vi sono paratie antiproiettile interne intercalate negli spazi comuni al fine di accorciare la linea di mira di un eventuale sparatore, inoltre è prevista una serie di cul-de-sac nei quali sia possibile per gli studenti nascondersi, le finestre hanno film in policarbonato antiproiettile e le varie zone interne sono costruite come compartimenti stagni sigillabili dalle autorità scolastiche, sia per impedire l’accesso a eventuali attentatori, sia per bloccare i medesimi entro uno spazio confinato, impedendo loro di girare per tutto l’istituto.
Ancora una volta si pensa a intervenire sugli effetti dei cosiddetti “mass shooting”, anziché sulle cause. Una simile struttura, peraltro dal costo non trascurabile di 48 milioni di dollari, potrà forse (ma la cosa è da dimostrare) limitare il numero di persone uccise, ma a nostro avviso anche un solo studente ucciso da un pazzo costituisce già un bilancio terribile. Fermo restando che l’utilità di una simile struttura può essere facilmente bypassata, attendendo gli studenti all’uscita…
Sta di fatto che 48 milioni di dollari saranno investiti in inutili muri di calcestruzzo, anziché in formazione per i giovani e in strumenti di apprendimento come computer o libri: soprattutto, questi investimenti non andranno a beneficio di quelle che sono le vere cause dei mass shooting, che negli ultimi anni (questo è un dato di fatto) stanno coinvolgendo in modo sempre più massiccio ragazzi non ancora ventenni o poco più che ventenni, emarginati da una società (quella americana) molto bigotta e competitiva, ma poco o per nulla disposta ad accorgersi e ad aiutare chi non sia “vincente” e resti indietro. Si parla tanto di “inclusività” quando si pensa all’omosessualità, ma per chi abbia magari difficoltà a relazionarsi con i compagni o sia semplicemente “non omologato” per interessi, inclinazioni, amicizie, scatta un ostracismo (rappresentato, per fortuna, di tanto in tanto anche nei film) al quale sembra che né le autorità scolastiche né tantomeno i servizi sociali o le strutture di aiuto alla famiglia abbiano alcun interesse a porre rimedio prima che diventi solitudine, ossessione e mania omicida. Si potranno costruire muri, si potranno mettere tutti i vincoli possibili alla disponibilità legale di armi, ma se non si ripensa il modo in cui la società cresce i giovani, TUTTI i giovani e non solo quelli più belli e vincenti, il problema non sarà risolto.