Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha inviato al governo una lettera nella quale esprime perplessità sul pacchetto sicurezza appena approvato. Le critiche si concentrano sul reato di clandestinità e sulle ronde, ma ce n’è anche per gli spray al peperoncino: in proposito, il presidente Napolitano ha commentato che “il rischio è che si favorisca la delinquenza di strada” e che si indebolisca la prescrizione della legge che le ronde siano formate da cittadini no…
Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha inviato al governo una lettera
nella quale esprime perplessità sul pacchetto sicurezza appena approvato. Le
critiche si concentrano sul reato di clandestinità e sulle ronde, ma ce n’è
anche per gli spray al peperoncino: in proposito, il presidente Napolitano ha
commentato che “il rischio è che si favorisca la delinquenza di strada” e che
si indebolisca la prescrizione della legge che le ronde siano formate da
cittadini non armati. Si solleva, tra l’altro, anche un problema procedurale:
secondo Napolitano, la modifica alla legge 110/75 in relazione agli spray
antiaggressione potrebbe comunque far sì che il porto delle bombolette resti un
reato. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha giudicato la lettera
“politicamente incisiva”. Marcello Pera, ex presidente del Senato, ha espresso
invece un commento critico: «Le cinque pagine di “perplessità e preoccupazioni”
espresse dal presidente della Repubblica sulla legge sulla sicurezza, sono
palesemente fuori dai poteri che la Costituzione gli assegna. Il Presidente non
può intervenire sul merito politico dei provvedimenti, per di più in modo
selettivo come ha fatto in questa circostanza. Se egli ha dubbi o rilievi
fondati di incostituzionalità e non intende promulgare una legge, può solo
inviare un messaggio formale alla Camere». Il Presidente, ha aggiunto Pera,
«non può neppure rivolgersi direttamente ai ministri, perché, sempre per
Costituzione, egli non ha alcuna responsabilità politica né essi possono
prevaricare la libera volontà del Parlamento». La cosa più paradossale,
comunque, è che l’oggi presidente della Repubblica, critico nei confronti degli
spray, è la stessa persona che nel 1998, da ministro dell’Interno, liberalizzò
due dei tre unici prodotti che godono in Italia della esplicita qualifica di
“non armi” e di cui è quindi palesemente consentita la vendita e la
circolazione. Perché allora non si oppose? Perché oggi invece ne fa una
questione di sicurezza nazionale? Come mai un dietro-front così netto in pochi
anni?