Con sentenza n. 14.969, pubblicata lo scorso 15 novembre, il Tar del Lazio si è pronunciato nuovamente in merito al ricorso di alcuni magistrati onorari, in relazione alla circolare 18 gennaio 2018 del ministero della Giustizia, con la quale quest’ultimo aveva disposto il ritiro del tesserino per i magistrati onorari, del tesserino recante la dicitura “valido ai fini del porto d’armi senza licenza”. Ciò in funzione di una interpretazione restrittiva, secondo la quale a godere della facoltà riconosciuta ai magistrati “dell’ordine giudiziario” di acquistare, detenere e portare armi per difesa personale senza licenza, sarebbero solo i magistrati ordinari e non anche quelli onorari (cioè i giudici di pace).
Il Tar ha respinto il ricorso (confermando una precedente sentenza, alla quale era seguito analogo provvedimento da parte del Consiglio di Stato) riconoscendone l’infondatezza, considerando che “è stato osservato, a parere del Collegio in maniera ineccepibile, come la norma in questione, incidendo sulla ordinaria regola che fa divieto di portare armi, costituisce una disposizione di natura eccezionale e come tale insuscettibile di applicazione analogica. Da un punto di vista dell’analisi sistematica, è stato anche sottolineato come la locuzione “magistrati dell’ordine giudiziario” sia solitamente adoperata dal legislatore in riferimento alla sola magistratura ordinaria (cfr. le disposizioni, richiamate anche nella circolare, di cui all’art. 26 del R.D. n. 1578 del 27.11.1933 e all’art. 1 della legge n. 217 dell’8.08.1984).
Per converso, la prospettazione dei ricorrenti, secondo cui l’attribuzione del beneficio in questione sarebbe legata all’effettivo svolgimento delle funzioni giurisdizionali e non allo status dei magistrati “togati”, risulta non coerente con il significato della norma, che intende attribuire in via eccezionale un beneficio a coloro che esercitano professionalmente e stabilmente le funzioni giurisdizionale. Invero, la circostanza che il beneficio de quo sia collegato allo status di magistrato e non anche all’esercizio in concreto delle funzioni è dimostrato altresì dalla esplicita previsione della sua applicazione anche a coloro che sono temporaneamente collocati fuori ruolo. Tale estensione applicativa anche ai magistrati “fuori ruolo” dimostra la fallacia della tesi interpretativa sostenuta dai ricorrenti circa l’esistenza di una correlazione tra la spettanza del porto d’armi senza licenza e il concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali e conduce alla logica conclusione che il beneficio in questione, in ragione della eccezionalità della misura, è stato circoscritto dal legislatore in favore esclusivamente di coloro che fanno parte della magistratura di carriera e non anche di coloro che appartengono in via funzionale e non anche strutturale all’ordine giudiziario. Neppure consente di giungere a diversa conclusione il richiamo alle precedenti circolari interpretative, posto che l’istituto del porto d’armi trova la sua precipua disciplina nella legge e, quindi, può esserne riconosciuta la spettanza solo in presenza di indicazioni in senso conforme desumibili dalla normativa primaria. Alla luce di quanto precede, le censure formulate avverso la legittimità dell’impugnata circolare non possono trovare accoglimento, preso atto della correttezza dell’analisi interpretativa svolta dal Ministero, come peraltro condivisa recentemente anche dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 1062/2021)”.