L’Unione internazionale per la conservazione della natura afferma che ci sarebbero, nel mondo, il 40% in più di tigri. Gli scienziati dicono che è dovuto in parte agli sforzi dei governi per una migliore conservazione e in parte anche per l’attiva e più efficiente sorveglianza dei governi stessi, che si servono di mezzi più evoluti per il contrasto al bracconaggio. La cosa sorprendente è, tuttavia, che questa “crescita” così spiccata rispetto agli anni precedenti sarebbe dovuta anche… a un migliore sistema di conteggio delle tigri. Infatti, riferendoci a quest’ultimo aspetto, uno dei problemi relativi ai numeri di esemplari di una determinata specie in natura è proprio determinato dall’impossibilità di avere censimenti precisi al 100 per cento. La rilevazione della consistenza di una specie è normalmente data da tracce ricorrenti, feci e peli da cui è individuabile il Dna, e altri segni distintivi. A volte, infatti, nelle stime fornite sulla consistenza faunistica, si dà un intervallo compreso tra un minimo e un massimo stimati. Ma non rilevati sicuramente.
Per le tigri, preso atto del miglioramento dei mezzi di indagine e sorveglianza, non si può far a meno di notare che la sopravvivenza della specie (come per molte altre specie a rischio) sarà influenzata in massima parte dall’espansione dell’uomo negli habitat nei quali questi felini conducono la loro vita. È proprio la coabitazione con l’uomo e la progressiva erosione dell’habitat a costituire la più grave minaccia per questo felino: in particolare, nel momento in cui si verifica un attacco all’uomo da parte della tigre, le popolazioni locali cercano di ovviare alla minaccia mettendo in atto metodologie personali di contrasto, la principale delle quali sono le esche avvelenate. Per cui amalgamare bisogni ed esigenze umane con quelle delle tigri è sicuramente il più grande problema che si presenta alle autorità.