Alcuni docenti di un liceo di Venezia disertano polemicamente un incontro con alcuni appartenenti alle forze armate, in vista del 4 novembre: la polemica si infiamma
Secondo quanto riferito dai quotidiani locali e nazionali, un gruppo di docenti e una classe del liceo classico Marco Polo di Venezia avrebbero deciso di non partecipare a un incontro con due ufficiali della marina e della guardia di finanza, programmato per lo scorso lunedì in vista del 4 novembre (giornata dell’unità nazionale e delle forze armate). Il dirigente scolastico aveva disposto inizialmente che la partecipazione all’incontro fosse obbligatoria per le classi dell’ultimo anno, salvo poi mutare orientamento, disponendo la volontarietà della partecipazione, dopo le proteste della rappresentanza sindacale dell’istituto. Gli insegnanti “astenuti” hanno motivato la loro scelta con una lettera nella quale hanno affermato che “L’articolo 11 della nostra Costituzione afferma che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Immediate e infuocate le repliche da parte della politica: l’assessore all’istruzione del Veneto, Elena Donazzan, ha commentato che “questi docenti non meritano di insegnare in una scuola italiana, perché nel loro ruolo di educatori si stanno dimostrando irrispettosi della Costituzione e delle Leggi italiane, Costituzione che riconosce l’importanza delle Forze armate quale organo a difesa dello Stato. Una legge italiana dedica alle Forze armate la giornata dell’anniversario della firma dell’armistizio che segnò la fine della grande guerra. La polemica mossa da questi insegnanti è completamente fuori luogo: dimostrano un atteggiamento sovversivo, perché contestare le Forze armate significa disobbedire alle leggi e all’ordinamento dello Stato, nonché mancare di rispetto a chi indossa ogni giorno con grande orgoglio la propria divisa. Interverrò, chiedendo all’Ufficio scolastico regionale del Veneto un’ispezione in questo Istituto. La scuola non è un’organizzazione politica privata, e non può essere utilizzata – conclude – per dar voce a propagande ideologiche ben lontane dal compito educativo degli insegnanti”.
Se ci è consentito un commento, visto che gli insegnanti in questione hanno tirato fuori la Costituzione e il “ripudio della guerra”, sarebbe opportuno leggere tutto l’articolo 11 della nostra Carta fondamentale: in particolare, la parte “dimenticata” (sicuramente per distrazione…) dagli insegnanti nella loro lettera dice che “consente (l’Italia, ndr), in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ecco perché, per esempio, alcune migliaia di nostri militari (nostri cittadini, nostri fratelli) sono in questo momento sparsi per il mondo, nelle numerose missioni di pace organizzate sotto l’egida dell’Onu (per esempio) per la stabilizzazione dei Paesi a rischio; un lavoro che serve, appunto, per assicurare la pace e non la guerra.
Al di là delle singole convinzioni, riteniamo che il ruolo di un docente possa, e debba, essere diverso da sterili enunciazioni di principio e che fomentare una polemica sull’attuale ruolo delle nostre forze armate, nel contesto della Repubblica italiana e della Carta costituzionale, sia qualcosa di profondamente miope e volto a creare un danno nei confronti degli studenti. I quali potranno, anzi dovranno esercitare le proprie future scelte di vita e di coscienza, solo nel momento in cui siano posti di fronte alla realtà del mondo in modo imparziale ed equilibrato, da coloro i quali hanno il ruolo di educarli e non soltanto di “istruirli”.