All’apparenza sono simili ai fucili d’assalto Ar 15, ma visti dalla parte sbagliata, fanno impressione. Il diametro della foratura della canna, che varia da 11 a 13 millimetri, appare subito sproporzionato e minaccioso.
La potenza di queste armi? Dai 2.300 ai 4.600 piedi/libbra alla bocca: siamo a cavallo tra le potenze di una munizione .45-70 Government e un .458 Winchester magnum. Come munizioni utilizzano calibri che spaziano dal .458 al .510, con pesi di palla compresi tra i 300 e i 750 grani. Le configurazioni di palla sono numerose: Fmj, Hp, Solid, Frangible, Armour piercing incendiary e Saboted. Ma a che cosa e, soprattutto, a chi servono? Servono innanzitutto quando c’è bisogno di una “potenza esuberante” in grado di fermare sul posto qualsiasi minaccia. A chi interessano? Principalmente ai militari e alle forze antiterrorismo americane. A partire dagli anni Novanta, negli Stati Uniti, qualche armaiolo in vena di sperimentazioni ardite camerò con alterni successi alcune carabine semiautomatiche per munizioni quali .45 Winchester magnum, .50 Action express e altri calibri ancora più “consistenti”. In effetti erano divagazioni moderne sul tema delle cosiddette guide gun, destinate prevalentemente ai professional hunter americani, armi compatte semiautomatiche dotate di un buon potere d’ arresto per cacce pericolose o incontri imprevisti. Come noto, negli Stati Uniti vi è un folto numero di estimatori delle realizzazioni di Eugene Stoner (Ar 15 in testa), conseguentemente vi è anche un fornitissimo mercato sia di “cloni” sia di componenti aftermarket. La scelta di utilizzare, quindi, il più possibile parti facilmente reperibili per le “nuove creature”, ha un senso logico oltre che economico. A questo punto rimangono le munizioni che, per essere progettate e sviluppate, richiedono altrettanti sforzi. Utilizzando lo stesso principio e sfruttando la presenza in forze sul territorio di aziende produttrici estremamente competitive, si riesce in parte a spiegare il fenomeno della nascita di queste carabine di “grosso calibro”. Il secondo spunto, se vogliamo non “tecnico” ma incidentale, riguarda i fatti successivi all’11 settembre 2001.
Da una parte vi sono le forze terrestri americane dispiegate sul territorio iracheno e afghano (e anche in altre regioni, come le Filippine e il Corno d’Africa), dall’altra le forze di sicurezza impegnate nella operazioni di Homeland security sul territorio nazionale. Nel primo scenario, purtroppo, abbiamo avuto modo di sperimentare la devastazione degli attacchi suicidi. Nel secondo scenario vengono invece coinvolte le forze preposte alla vigilanza, sia dei confini sia dei siti sensibili, potenziali obbiettivi terroristici. In entrambi gli scenari, le opzioni per fermare a distanza di sicurezza un atto suicida, presuppongono l’impiego di barriere fisiche passive integrate con barriere “attive”, rappresentate dalla copertura delle armi da fuoco. In mancanza delle barriere passive, tuttavia, rimane soltanto la “copertura di fuoco” che, in questo caso, per garantire uno sbarramento sicuro deve essere adeguata alla minaccia potenziale. Come mostrato puntualmente dalla cronaca, quando queste barriere mancano in parte o totalmente, il numero delle vittime risulta catastrofico. La storia si è poi ripetuta anche nei posti di blocco sulle strade: qui le barriere passive sono per forza di cose aleatorie, e la copertura pesante con armi automatiche non sempre è attuabile, a causa della prossimità dei centri abitati o della presenza di civili. Ma che cosa può fermare un veicolo suicida in mancanza di barriere passive? Sicuramente una raffica di .50 Bmg tirata da una mitragliatrice, o alcuni colpi ben piazzati del medesimo calibro, sparati per esempio da un fucile Barrett M82. E che cosa può fermare invece un kamikaze imbottito d’esplosivo? Anche qualcosa meno, purché dotato di stopping power adeguato. A quanto pare, non il 5,56 Nato e neanche il 7,62 Nato (a distanza ravvicinata e con palla Fmj). La questione dunque, si pone in termini di potere d’arresto. La risposta potrebbe arrivare proprio dall’adozione di queste carabine semiautomatiche di grosso calibro: l’ attenzione delle forze militari statunitensi riguardo queste nuove armi è illuminante, la potenza abbinata a un package compatto potrebbe garantire una maggiore difesa contro questo tipo di attacchi, e non solo. I marine e l’Us navy stanno attualmente sperimentando alcuni modelli, il Socom pare abbia impiegato anch’esso i suoi grossi calibri durante l’operazione Anaconda, l’Us coast guard ha addirittura adottato, limitatamente e sperimentalmente, alcuni esemplari. Ma ci sono ancora altre particolarità ritenute attraenti dai militari americani: la diretta discendenza e parentela con gli Ar 10 e Ar 15, semplifica notevolmente l’addestramento e la discreta comunanza di parti con i suddetti, agevola la logistica. Come abbiamo detto, si è cercato di utilizzare il più possibile le componenti esistenti e disponibili sul mercato della serie Ar 10 e Ar 15: calciature (standard o telescopiche) con annesse molle di recupero, il castello inferiore o lower receiver completo di impugnatura e sistema di scatto, il gruppo portaotturatore con otturatore e percussore interno (con modifiche a queste due parti), il sistema a sfruttamento diretto del gas (con modifiche). In alcuni casi, si è potuto impiegare anche il castello superiore (con modifiche più o meno estese e almeno con un “allargamento” della finestra di espulsione), nonché astine anteriori standard o di tipo flottante disponibili commercialmente. Gli interventi risultano limitati all’adozione di una nuova canna, alla messa a punto del sistema a sottrazione del gas (sia nella presa di gas sia nelle dimensioni e lunghezza del tubicino dei gas).
La scelta del castello superiore (upper receiver) e più ancora di quello inferiore, è dettata dalle dimensioni massime della munizione prescelta, realizzata a volte in funzione di questi. Ossia, si sceglie un castello inferiore di un sistema Ar 10 (camerato per il .308 Winchester) quando la lunghezza della munizione è “sovrapponibile” a quella del 7,62×51 mm. Viceversa, se la lunghezza totale della nuova munizione “ricalca” quella del .223 Remington, potrà utilizzare i normali (o leggermente modificati) caricatori degli Ar 15 o M16 e conseguentemente, i relativi lower receiver. Si possono trovare anche mix costruttivi di entrambi i sistemi o più semplici modifiche ad hoc. Molti lower receiver inoltre, esibiscono notevoli difformità riguardo alle sigle identificative presenti sul castello: a volte la disponibilità di un dato modello sul mercato può essere temporanea, la scelta allora ricade su un castello alternativo. Oppure, la scelta può variare in ragione di un costo più basso o per vicinanza geografica del fornitore rispetto all’assemblatore- costruttore. Tutti i costruttori, comunque, utilizzano calcioli (telescopici o meno), mire di back-up ribaltabili, astine paramano di tutte le fogge, sezioni e materiali, pescando nuovamente a piene mani nell’ aftermarket americano. Si cerca, insomma, di dare una “riconoscibilità” estetica a ogni modello, in modo da renderlo riconducibile all’azienda produttrice: uno sforzo non facile e che in realtà, complica le cose. Impiegando “basi” comuni e lo stesso sistema di sottrazione di gas, i pesi complessivi di queste armi non si discostano molto tra loro: generalmente, con canna di 16-18 pollici, restano tranquillamente sotto i 2.900 grammi scarichi, per superare tale limite bisogna impiegare canne di maggiore lunghezza e accessori di vario tipo. Le munizioni, salvo sporadici casi, vengono sviluppate partendo in qualche modo da bossoli già in produzione, adattati alle proprie esigenze accorciando la lunghezza e restringendo il colletto al calibro desiderato.
Il fondello è però sempre di tipo rebated, con il diametro del fondello del bossolo riconducibile in qualche misura a quelle di un fondello di munizioni attualmente in produzione, e questo per una buona ragione: cercare di allargare il meno possibile la faccia degli otturatori ad alette degli Ar 10 e Ar 15. In qualche caso si realizza invece ex novo un otturatore, in grado di accogliere il fondello della nuova munizione. Per le palle, che vanno da un minimo di .458 a un massimo di .510, non c’è che l’imbarazzo della scelta, si tratta di trovare il giusto mix tra carica di lancio, peso e configurazione di palla, in funzione di un dato compito: aumentare lo stopping power con una cessione rapida dell’energia grazie alla configurazione di palla (Hp, Soft nose, frangibile) oppure maggiore velocità per aumentare la penetrazione in funzione anti-materiale (con palle Solid, Saboted o perforanti incendiarie), oppure incrementando peso e coefficiente balistico della palla per la conservazione dell’energia sulle distanze o, ancora, impiegando palle pesanti subsoniche per tiri silenziati.
È stata sicuramente una delle prime realizzazioni ad affacciarsi alla ribalta: i primi studi risalgono al 1994 con l’intento di creare una munizione capace di colmare il gap esistente tra le armi calibro 7,62 Nato e il .50 Bmg. Lo sviluppo della munizione Lw .499 dura quattro anni, la progettazione del bossolo e i calcoli balistici sono affidati al computer, seguono le prime sperimentazioni che porteranno poi al debutto della carabina Lw 15.499 allo Shot show nel 2000. Dalle esperienze iniziali si arriva alla decisione di realizzare direttamente in azienda, basandosi sempre sui principi di funzionamento dell’Ar 15, le principali componenti dell’arma. Questo perché le modifiche delle parti sono estese e applicarle su una componentistica commerciale risulta antieconomico e non garantisce risultati all’altezza delle aspettative. Nonostante ciò, è possibile montare la conversione di calibro (upper receiver completo) direttamente sui lower receiver degli Ar 15 e anche il caricatore in lamiera d’acciaio, sviluppato ex novo dall’azienda, è in grado di inserirsi nel bocchettone di alimentazione senza modifiche. L’arma ha destato sin dagli inizi l’attenzione dei militari americani, i test dell’Us army hanno certificato positivamente la durata del sistema a 6.000 colpi, dopo l’11 settembre però l’interesse si è tramutato in urgenza di acquisire un arma con uno stopping power definitivo. La guardia costiera statunitense (che è una forza armata militare indipendente) ha recentemente ordinato 8.000 esemplari di questa carabina (Lw 499 Sfr con canna di 18 pollici) destinandola all’ interdizione di imbarcazioni veloci (come i go fast dei narcotrafficanti). Il problema è che si teme che questo tipo d’imbarcazioni possano potenzialmente trasportare anche terroristi o armi e inoltre vi è anche l’esempio di attacchi suicidi contro navi militari.
La Lw 15.499 adotta caricatori monofilari di 10 colpi, con canna di 18 pollici misura complessivamente 920 millimetri con un peso di 2.850 grammi, l’arma è in grado di sparare in modo automatico, a raffica limitata di 3 colpi o semiauto. Il rateo di fuoco è di 500/940 colpi al minuto, variabile in funzione del munizionamento impiegato. Per incrementare la controllabilità nel tiro a raffica, la canna è dotata di un apposito compensatore a foratura radiale. La possibilità di sparare anche solo brevi raffiche, amplifica notevolmente le potenzialità d’arresto dell’arma: basta pensare all’effetto di 3 o 4 palle monolitiche di 400 grani alla velocità di 1.800 ft/sec, sul blocco motore di un veicolo. Uno dei motivi per cui queste armi vengono considerate è anche il fatto che dalle analisi degli attacchi suicidi, si è notato che il sistema di attivazione dell’esplosione è, nel 99% dei casi, manuale. Appare evidente che anche un solo colpo a bersaglio di una palla di 400 grani (Hollow point o meno), disabilita istantaneamente l’ esecutore dell’attentato, impedendo di conseguenza l’attivazione del detonatore. In altri casi, come noto, i normali calibri in dotazione ai posti di guardia (5,56 e 7,62) hanno fallito il tentativo di “sbarramento a fuoco” di questi attacchi. Oltre a un castello di tipo flat top dotato di rail Picatinny, in prossimità della volata e anteriormente all’astina in materiale plastico è stato posizionato un attacco con quattro guide più corte.
La munizione impiega una palla monolitica di 300 grani in lega di rame e stagno, esce alla bocca con una velocità di 2.200 ft/sec (670,6 m/sec) con l’incredibile energia di 3.000 ft.lbs. La gittata massima efficace è di 400 metri, l’impiego dunque non è esclusivamente limitato al combattimento ravvicinato (Cqb), ma si estende anche alle normali distanze di combattimento, le “esuberanti” caratteristiche balistiche tuttavia, esprimono certamente le loro migliori qualità a distanze più brevi. Sono disponibili, inoltre, altri tipi di palle: 400 grani lead Hp, 260 grani Saboted con penetratore in acciaio, 400 grani Soft point e 300 grani Barnes X bullet. Attualmente è in valutazione presso i marine (check point security) e l’Us navy (port & harbour security), le forze speciali del Socom invece, anche se non confermato, avrebbero sperimentato in Afghanistan alcune di queste armi, nell’esplorazione delle gallerie e dei depositi di armi dei talebani.
Basata sugli stessi principi del Leitner Wise, impiega sempre un lower receiver mutuato dalla serie Ar 15, ma sia quest’ultimo sia il castello superiore utilizzano componenti forgiati in lega d’alluminio ottimizzati per l’impiego della munizione .50 Beowulf. Il funzionamento a sfruttamento diretto dei gas impiega un nuovo blocchetto di presa a sezione esagonale, montato su una canna in acciaio inossidabile prodotta dalla Lothar Walther tedesca. La canna ha sei principi di rigatura con andamento destrorso e passo di 1: 19 pollici. L’upper receiver di tipo flat top incorpora una guida Picatinny, generalmente sono montate ottiche a punto rosso per la versione con canna di 16 pollici (Entry rifle) e mire telescopiche con ingrandimenti per la versione con canna di 24 pollici (Overwatch), sono entrambe dotate di compensatore con 30 fori circolari. La lunghezza complessiva è di 870 millimetri (Entry rifle) con un peso intorno ai 2.800 grammi ad arma scarica, per la versione con canna di 24 pollici la lunghezza arriva a 1.070 millimetri con un lieve incremento ponderale.
I caricatori metallici utilizzano l’involucro esterno dei caricatori standard degli Ar 15, sono però accuratizzati nelle labbra e nell’elevatore, il caricatore di 20 colpi dell’M16 ospita 7 colpi calibro .50 Beowulf con presentazione rigorosamente monofilare, quello da 30 ne può ospitare invece 12. Significativa la conformazione del fondello del bossolo rebated, adotta infatti il diametro di rim di .440 pollici, utilizzato dalla munizione russa 7,62×39. Questo è un ulteriore esempio dello sforzo di utilizzare il più possibile componenti d’arma esistenti, per quanto non comunissime: esistono negli Stati Uniti conversioni per gli otturatori degli M16, adattati per l’impiego della munizione russa (con modifiche alla faccia anteriore dell’otturatore e all’ unghia estrattrice). Nella versione Entry rifle, la munizione con palla di 325 grani Barnes Hp, garantisce una velocità di 1.950 ft/sec, con palla di 334 grani Fmj o Hollow point la velocità è di 1.900 ft/sec, impiegando invece la palla di 400 grani Flat point, la velocità “diminuisce” a 1.800 ft/sec. Impiegando la canna di 24 pollici i risultati aumentano di circa 120 ft/sec. Riguardo la precisione, i test effettuati dimostrano che impiegando la palla di 325 grani, a 100 iarde la rosata di 3 colpi risulta inscrivibile in un diametro inferiore ai due centimetri (¾ di pollice): è una prestazione di tutto rispetto, soprattutto se consideriamo il fatto che il coefficiente balistico di questa palla, è piuttosto basso.
La Tromix aveva già sperimentato in passato conversioni per Ar 15 in calibro .44 magnum e .50 Ae, ma il titolare Tony Rumore (a volte anche un cognome può racchiudere un destino), a seguito di una discussione informale con operatori delle special force americane, decise di esplorare il concetto di una nuova munizione dallo stopping power indiscutibile e definitivo. Per la definizione di quest’ultima, richiese la collaborazione di un amico e collega, Marty P. Weeme della Teppo Jutsu, che iniziò a investigare la munizione .45 professional. Tuttavia la scelta del diametro .451 utilizzato nelle pistole, poneva alcuni limiti riguardo il peso massimo della palla (300 grani), decise quindi di passare al diametro .458, in questo caso la scelta era molto più ampia con un ventaglio di pesi che spaziano dai 250 ai 500 grani. Questo diametro vantava già alcune sperimentazioni: nel 1962 Frank Barnes produsse il poco noto .458×1,312 o 11,6x33B, derivato dal .458 Winchester magnum, destinato a fucili bolt-action Remington 700 modificati e dotati di soppressore, impiegati sperimentalmente in Vietnam dall’Us army prima e dalla Central intelligence agency (Cia) poi. Nel 1993 invece, J.D. Jones sviluppò il .458 Whisper, per analoghi scopi in armi silenziate. Nel caso del .458 Socom le finalità sono però diverse, anche se nelle versioni subsoniche con palle pesanti, gli scopi non sono dissimili da quelli dei suoi predecessori in .458.
Determinata la palla, bisognava definire il bossolo, la scelta cadde su quello del .50 Ae, seguendo però l’esempio del .440 Cor Bon (ossia con colletto ristretto a un diametro di palla inferiore) con la lunghezza complessiva del bossolo portata a 40,5 millimetri. Sempre per motivi di standardizzazione, si decise di ridurre il diametro del rim a .473, per poter utilizzare gli otturatori degli Ar 10 camerati in .308. L’arma venne presentata ufficialmente nel 2002, la lunghezza delle canne varia da 10,5 pollici a 24 pollici, utilizza praticamente tutti gli upper receiver destinati agli Ar 15 ma, come in tutti gli altri casi, la finestra di espulsione viene opportunamente “allargata” per consentire la libera fuoriuscita dei bossoli di diametro maggiore. Il range delle munizioni impiegabili è vastissimo, si va dai 250 grani delle Barnes X Flat nose ai 600 grani della Barnes Original Rn: sono disponibili più di 33 configurazioni. Attualmente la munizione completa è disponibile presso la Cor Bon, i bossoli sono prodotti dalla Starline e la SinterFire realizza, invece, una interessante palla frangibile in lega speciale. Con canna di 16 pollici il .458 Socom registra una velocità di 2.100 ft/sec con palle di 300 grani, con palle di 500 grani invece la velocità è di 1.300 ft/sec. Utilizzando i caricatori standard degli M16, le capacità individuali risultano le seguenti: 7 colpi calibro .458 Socom nel caricatore di 20 colpi, 10 in quello di 30 oppure 15 impiegando il caricatore di 40.
Questa è l’ultima creazione di Marty P. Weeme che, partendo dagli studi intrapresi con il .458 Socom, decise di “salire” ancora di calibro realizzando la munizione .510 Phalanx, abbandonata in seguito a favore del nuovo .500 Phantom. Le dimensioni generali a questo punto però, imponevano la scelta di una base Ar 10. Dopo diverse sperimentazioni si scelse di “adattare” un bossolo del .500 Jeffery con alcune modifiche: la lunghezza venne accorciata a 39 millimetri con un diametro del rim pari a .532, così facendo si potevano utilizzare gli otturatori degli Ar 10 preparati per accogliere il calibro .300 Wsm. Sono disponibili diverse lunghezze di canna, i test iniziali e le misurazioni sono state eseguite utilizzando però una canna di 24 pollici in acciaio inossidabile della Pac Nor, con passo della rigatura di 1:9 pollici. La scelta del diametro .510 (.500 Phantom è in realtà una mera denominazione commerciale) consente di utilizzare anche le palle military delle Browning M2Hb, come la M8 Api di 649 grani e le palle match del .50 Bmg come la Hornady A-max di 750 grani.
Le prestazioni balistiche di questo calibro sono promettenti, anche in questo caso un vasto range di pesi e configurazioni di palla rende il .500 Phantom estremamente versatile, si va dai 168 grani della palla Sierra Mk calibro .308 inserita in un sabot alle palle monolitiche in bronzo di 525 grani. Le potenzialità di questa munizione tuttavia, devono ancora essere esplorate a fondo. Alcuni dati di riferimento: con palla Barnes Solid di 525 grani la velocità è di 2.000 ft/sec, con palla Barnes Xlc spitzer di 570 grani la velocità è di 1.800 ft/sec e, infine, con palla Hornady A-max di 750 grani, abbiamo una velocità di 1.000 ft/sec. I caricatori standard dell’ Ar 10, di 20 colpi in .308 Winchester, possono ospitare sino a 6 colpi del .500 Phantom con presentazione monofilare.
Presentata in anteprima durante lo Shot show 2003, la carabina della Cloud Mountain armory calibro .502 Thundersabre, non è passata inosservata: è la conferma che l’interesse per queste potenti carabine negli Stati Uniti, non conosce tregua. La filosofia costruttiva non cambia, ma il sistema a impiego diretto dei gas, ha subito precisi interventi per adattarsi convenientemente alla curva pressoria della nuova munizione. Il diametro del rim della cartuccia è identico a quello del 7,62×39, la faccia anteriore dell’otturatore quindi, viene “allargata” rispetto a quella originale per il 5,56, le restanti parti del gruppo però, rimangono invariate. Il caricatore ricalca esternamente le quote di quello standard per gli M16, ma il corpo viene realizzato con lamiera d’acciaio stampata. Altre modifiche sostanziali riguardano la base del caricatore e il follower delle cartucce, realizzati per macchinatura da barrette di alluminio. Vi è anche un limitatore longitudinale che impedisce il caricamento accidentale delle munizioni calibro 5,56.
Possono essere impiegati indifferentemente upper receiver tipo A2 standard (con maniglia di trasporto) sia flat top con guida Picatinny. Se si impiegano i lower receiver degli M16 militari invece (A1, A2) l’arma, mutuando i relativi pacchetti di scatto, può sparare in modo automatico. L’astina anteriore in alluminio, è di sezione circolare e di tipo flottante, con zigrinatura superficiale per migliorare il grip. La Thundersabre impiega una canna di 16 pollici e ¾, realizzata in acciaio inox 416 con passo di rigatura 1:18 pollici. Da quest’ultima la palla di 335 grani Jhp esce con una velocità alla bocca di 1.750 ft/sec con una energia di 2.277 ft.lbs. Sono disponibili anche palle frangibili per Cqb e altre configurazioni di palla. La munizione .502 deriva dal bossolo del .50 Ae, pertanto possono essere utilizzati i die di questo calibro , i loading data per l’eventuale ricarica sono reperibili presso la Cloud Mt. Armory e i bossoli sono prodotti dalla Starline.