I media “montano” il caso e poco importa che si tratti di episodi isolati. Anche se non c’è, si vuole creare allarme, collegando il razzismo alla deriva da “Far west”… In chiave squisitamente politica
“In un mese e mezzo ci sono stati otto casi. E a questo punto sembra davvero difficile parlare di coincidenze. Ma gli spari contro gli stranieri, con armi a pallini o ad aria compressa, sono sempre più frequenti e tanto basta per far scattare l’allerta negli apparati di sicurezza”. L’ha scritto Fiorenza Sarzanini sul Corriere. E Mediaset le fa immediatamente eco. Nei giorni scorsi, autorevoli prese di posizione del presidente della repubblica, Sergio Mattarella.
Il richiamo alla gestione in sicurezza delle armi è elemento fondamentale, ben presente ai cittadini che sono in possesso di porto d’armi. Non devono mai essere rivolte contro terze persone, non devono essere utilizzate per scherzi o minacce, non devono essere portate, ma solo trasportate, possono essere usate in luoghi ben definiti dalla legge. Anche se in questi otto casi sono stati usati strumenti di modesta capacità offensiva o addirittura giocattoli Soft air, tutti di libera vendita. Nessuno di quanti sono coinvolti dalle indagini sembra titolare di un porto d’armi.
Il richiamo della Sarzanini al fatto che non si possa trattare di coincidenze merita un chiarimento. La giornalista evidenzia il rischio dell’emulazione, senza escludere l’odio razziale. Le polizia postale sarebbe al lavoro sui social media. Dunque non si tratterebbe di coincidenze, ma evidentemente di una precisa strategia, tendente ad accomunare fatti del tutto disparati, emersi alla luce delle cronache: resta da capire chi ha interesse a costruire il teorema del "Far west". E, mutatis mutandis, perché non anche quello del Ku Klux Klan?
Non si è fatto altro che di parlare di armi in questi ultimi giorni, perché sono in esame alcune proposte di legge sulla legittima difesa e la revisione della direttiva europea 853/2017. I quotidiani ci sono andati a nozze, cercando di scoprire complotti, sotterfugi, macchinazioni che accreditassero la tesi (sconfessata da autorevoli studi) del fatto che più armi disponibili provocano più delitti o quella, sempre suggestiva, della deriva da Far west collegata alla revisione dell’istituto della legittima difesa. Quali coincidenze, quindi, a parte quella appena enunciata? La coincidenza costruita ad arte da una certa area politica, che ha pubblicamente ammesso di aver trascurato il tema sicurezza, per screditare chi invece ne ha fatto un cavallo di battaglia? La coincidenza di potervi includere anche il tema dell’odio razziale, addossandone la colpa al partito di cui è segretario l’attuale ministro dell’Interno?
Una decina di giorni fa proprio il ministro dell’Interno, Matteo Salvini si è espresso con chiarezza, in una conferenza stampa alla camera dei deputati: “Non si parla assolutamente di liberalizzazione delle armi né di Far west. Il modello che preferisco è quello svizzero, non quello americano”.
Al termine del servizio militare il civile elvetico può decidere se acquistare il “suo” fucile d'assalto che viene “demilitarizzato”, cioè reso non più idoneo al tiro a raffica. In Svizzera, 8 milioni di abitanti, di armi ne circolano 2 milioni: dal punto di vista statistico, non è possibile dimostrare che il possesso domiciliare delle armi rappresenti effettivamente un deterrente contro i furti, ma senz’altro aiuta. E la Svizzera non è un Far West. Al contrario. Si possono acquistare le armi e trasportarle, più o meno come da noi, con opportuni controlli preventivi e chi intende portare un’arma in luoghi accessibili al pubblico deve sottoporsi a controlli ancora maggiori. La legittima difesa è regolata dall’articolo 15 del codice penale (che risale al 1937): “Ognuno ha il diritto di respingere in modo adeguato alle circostanze un'aggressione ingiusta o la minaccia ingiusta di un'aggressione imminente fatta a sé o ad altri”.
Ma vediamoli nel dettaglio questi otto casi. 11 giugno, Caserta: due ragazzi del Mali sarebbero stati oggetto di alcuni colpi con una pistola ad aria compressa da parte di tre giovani italiani a bordo di un’auto, al grido “Salvini Salvini”: dopo aver colpito al torace uno di loro, ferendolo lievemente (due giorni di prognosi), gli uomini a bordo della Panda avrebbero sparato anche all’indirizzo dell’altro migrante, ma il colpo sarebbe andato a vuoto. A denunciare l’episodio sono il centro sociale ex Canapificio, la Caritas diocesana di Caserta, il comitato Città Viva e il progetto Sprar di Caserta. La notizia viene diffusa 8 giorni più tardi.
20 giugno, Napoli: Konate Bouyagui, maliano, cuoco di 23 anni, rimane ferito all’addome mentre torna a casa dopo il lavoro in un ristorante. Gli spari provengono da una macchina.
2 luglio, Forlì: una donna nigeriana ferita a un piede, quando si presenta spiega che l’episodio è accaduto qualche giorno prima, ma avrebbe avuto paura.
5 luglio, Forlì: un ivoriano di 33 anni è colpito all’addome mentre è in bicicletta. È stato affiancato da un’auto e qualcuno si è sporto dal finestrino sparando con una pistola Soft air.
11 luglio, Latina Scalo: due nigeriani presi di mira mentre aspettano l’autobus da sconosciuti a bordo di una vettura scura.
17 luglio, Roma: grave ferimento della bimba rom in una strada trafficata mentre è in braccio alla mamma. Ne è autore un ex dipendente del Senato che, secondo gli inquirenti, “mostra di non avere alcuna tendenza razzista”. Avrebbe potenziato una pistola o una carabina ad aria compressa e ha sparato sul balcone del suo appartamento per provarla.
25 luglio, Cassola (Vi): un operaio di Capoverde che lavora a 7 metri d’altezza è colpito alla schiena con un pallino della carabina ad aria compressa di un 40enne di origini argentine residente in paese. «Volevo sparare a un piccione», ha sostenuto l’uomo.
26 luglio, San Cipriano d'Aversa (Ce): uno straniero della Guinea, richiedente asilo, denuncia di essere stato avvicinato da due ragazzi in moto, che hanno poi fatto fuoco con un'arma ad aria compressa, colpendolo al volto. Ha riportato una ferita superficiale, guaribile in pochi giorni.
Non si può che condannare gli autori di questi casi, una volta accertate le responsabilità reali: per almeno due responsabili si è invocata l’involontarietà. Casi che comunque lasciano più di un dubbio considerando, appunto, la modesta capacità offensiva dell’aria compressa, di potenza inferiore ai 7,5 joule, o l’assoluta innocuità, salvo casi eccezionali, dei giocattoli Soft air che erogano una potenza di 1 joule. La prognosi di 2 giorni ritengo che la dica lunga.
Lungi da me pensare che gli aggrediti abbiano voluto farsi in qualche modo pubblicità per ottenere benemerenze o che qualcuno abbia voluto spingerli a farlo. E lungi da me pensare che si possa ravvisare una regia occulta che voglia colpire immigrati di colore o rom. Non resta che una spiegazione della “coincidenza”. Cioè che si voglia farla passare proprio per coincidenza, quando invece si tratta di episodi isolati, che sono forse espressione di situazioni limite, di bravate anche gravi e di malintese espressioni di razzismo. Gli autori di questi casi non sono titolari di una licenza d’armi e quindi non sono mai stati inseriti nel percorso educativo al corretto uso delle armi. Perciò chi vuole trovare in questi episodi di cronaca una correlazione tra detentori legali di armi e sentimenti razzisti, agisce in totale malafede e con l’evidente intendimento di gettare discredito contemporaneamente sui cittadini legali detentori di armi e sulle forze politiche che si sono dichiarate favorevoli alla tutela di tali cittadini e altresì promotrici di una revisione dell’istituto della legittima difesa. Più di un cittadino libero si è ormai accorto di questo “gioco”. E non solo tra i detentori di armi.