Fuoco sportivo a volontà! Ma occorre “gioco di squadra”. Arcicaccia scrive alle Federazioni sportive nazionali e al Coni per chiedere una ripartenza e un rilancio vero delle attività sportive con le armi da fuoco. A partire da impiantistica e servizi…
Il vicepresidente di Arcicaccia, il romagnolo Christian Maffei, ha indirizzato una lettera a Giovanni Malagò, presidente del Coni, Luciano Rossi, presidente della Fitav, Felice Buglione, presidente della Fidasc e Igino Rugiero, commissario straordinario Uits, per “avviare una riflessione pubblica sullo stato dell’arte delle discipline a noi più vicine che utilizzano armi sportive”. “Alle Federazioni, al Coni il primo passo per un tavolo per il miglioramento del tiro in Italia”. Maffei auspica che il dibattito sia “aperto plurale e partecipato” perché “anche con le attività del tiro si potrà concorrere a far riprendere quella economia sociale che è risorsa e qualità della vita, anche rilanciando pratiche sportive all’aria aperta a bassissimo rischio di contagio, radicate in tanti spazi insediati in aree rurali”. Anche noi di Armi e Tiro condividiamo appieno questa impostazione.
È stato Buglione, secondo quanto riferisce la lettera, a stimolarla parlando di “autocritica”. “Forse occorrerebbe parlare di comportamenti accentrati che hanno facilitato il trascorrere del tempo senza l’agire che, di certo, non ha giovato agli appassionati del tiro, spesso anche praticanti l’attività venatoria”, scrive ancora Maffei che poi individua il difetto della Fidasc: non aver fatto gioco di squadra, come invece era nei patti con le associazioni venatorie che l’hanno costituita, con le altre federazioni del tiro sportivo.
“Sentiamo il dovere di proporre una ristrutturazione che guardi ai prioritari interessi dei tiratori sportivi e alla difficile situazione delle società sportive dilettantistiche che hanno bisogno di sostegno e di risorse, pena l’ulteriore riduzione del presidio territoriale. Verificare e armonizzare, ove possibile, unificare e sostenere la messa in sicurezza dell’impiantistica è un imperativo”.
“La Fitav è la rappresentanza territorialmente più organizzata e presente con i più storici rapporti con i corpi di polizia, con le forze armate (tra gli eroi di questa pandemia). Attorno a questa si può rilanciare l’impiantistica che ha un patrimonio di grande eccellenza che rischia di essere abbandonato. Le risorse più sono concentrate più sono un investimento. Il mondo venatorio italiano è ancora, malgrado la difficoltà nel rapporto con i giovani, un terreno fertile per le Federazioni del tiro del Coni. Possono essere interessanti, per i giovani, le attuali discipline organizzate e le altre che si stanno affermando nell’interesse anche dei cacciatori: sagoma, armi rigate lunghe e corte. La Uits ha importanti competenze di professionalità storica con le sagome e con le armi sportive rigate che stanno incontrando rinnovata attenzione in Italia e in altri Paesi europei”.
Arcicaccia spinge anche sui servizi accessori: “punti di ristoro per i tiratori, ristoranti, luoghi e occasioni per presentare una alimentazione sana (non di allevamento o importazione) frutto di un equilibrato rapporto uomo-natura”. L’iniziativa “Selvatici e buoni” condivisa con Fondazione Una può rappresentare un momento di qualità della gestione faunistica venatoria che ha a cuore l’ambiente, la biodiversità e la possibilità di valorizzare importanti tradizioni alimentari locali. Ma si può e si deve coinvolgere anche la cinofilia, coniugandola con i programmi e l’attività delle società di tiro e delle aziende agrituristico-venatorie, per “contribuire all’economia sociale dei borghi rurali a vantaggio di operatori economici locali e storici commerci, dalle armerie, all’abbigliamento sportivo, ai prodotti tipici degli agricoltori”.
“Nello sport le divisioni non trovano ragioni e il potere per il potere è una malattia. La solitudine non è un irreversibile destino, tocca a noi dare sbocco a passioni. Questa cultura non può essere ricondotta ad attività meramente virtuale fatta con il computer come il tiro simulato che va bene per giocare e avvicinare i ragazzi ma che contrasta, se non integrato, con la cultura e l’amore per la vita all’aria aperta tanto più indispensabile oggi per prevenire epidemie future. Se del tiro vogliamo farne ancora di più un bene comune, dobbiamo farne uno sport per tutti creandone le condizioni”, conclude Arcicaccia.