Il primo ministro canadese ha disposto dal primo maggio la messa al bando di 1.500 modelli di armi ritenute “d’assalto”. Entro il termine di due anni i canadesi dovranno…
Pessimo primo maggio per collezionisti, cacciatori e tiratori sportivi canadesi: come era stato annunciato dopo la strage recentemente avvenuta, in premier canadese Justin Trudeau ha reso effettivo un provvedimento secondo il quale proprio dal giorno di festa risultano banditi dal Paese oltre 1.500 modelli di armi definite “d’assalto”, come carabine semiautomatiche Ar10, A15, Ruger Mini 14, Beretta Cx4 e così via. Con effetto immediato non sarà più possibile acquistarle, venderle e persino andarci a caccia o a sparare. Sarà, però, previsto un periodo “finestra” di 2 anni, fino all’aprile 2022, nel corso del quale si deciderà se obbligare i proprietari alla consegna coatta dietro indennizzo (come avvenuto in Nuova Zelanda) o se prevedere la cosiddetta clausola del “grandfathering”, consentendo quindi agli attuali proprietari di detenerle fino alla loro morte. Non è stato al momento preso alcun provvedimento sulle pistole, ma Trudeau non esclude di consentire alle autorità locali di imporre specifici limiti.
Il provvedimento di Trudeau è stato esplicitamente motivato come misura di reazione alla strage compiuta una decina di giorni fa da un folle proprio in Canada, che ha ucciso indiscriminatamente una trentina di cittadini inermi. Peccato che, a quanto è stato possibile ricostruire dopo il dramma, le armi utilizzate dall’omicida fossero di provenienza illegale, contrabbandate dagli Stati Uniti, e l’omicida non fosse in possesso di alcuna licenza in materia d’armi rilasciata dalle autorità. In pratica è come se il premier canadese avesse deciso di impedire a tutti i cittadini di accedere alla propria banca, perché un criminale ne ha svaligiata una…
L’altro aspetto che lascia perplessi (ed è dir poco) sulla democraticità di tutta l’operazione è che Trudeau ha scelto di intervenire sulla materia (che, occorre ricordarlo, era comunque da tempo nella sua agenda) mediante un provvedimento d’urgenza del governo, senza coinvolgere il Parlamento, al quale spetterà solo in un secondo momento decidere come trattare il periodo “finestra” di due anni previsto.
Ancora più perplessi lascia il fatto che, come peraltro già avvenuto in Nuova Zelanda, per molte di queste armi non è facile risalire ai proprietari, perché in molti casi non è previsto da parte loro l’obbligo di registrazione. Il che significa che, come peraltro avvenuto in Nuova Zelanda, l’operazione di buyback rischia di risolversi in un fiasco, facendo semplicemente sì che queste armi diventino clandestine a tutti gli effetti andando a rifornire la criminalità comune e organizzata. Al di là di questi aspetti, resta il fatto che per la democrazia canadese è una bruttissima pagina.