Ufficiale: le forze armate “combatteranno” il cinghiale

La conversione in legge del cosiddetto “decreto agricoltura” ha confermato la possibilità per le forze armate di coadiuvare il contenimento del cinghiale: fino a 177 militari, ma restano perplessità e interrogativi sull’adeguatezza delle dotazioni

Il cosiddetto “decreto agricoltura” (decreto legge 15 maggio 2024 n. 63, “disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale”) è stato convertito in legge (n. 101 del 12 luglio 2024) e, nell’ambito della conversione, è rimasta confermata la previsione di impiegare le forze armate in ausilio degli altri sistemi per il contenimento del cinghiale. Nel provvedimento si dà conto del fatto che le forze armate potranno essere impiegate “previa frequenza di specifici corsi di formazione e mediante l’utilizzo di idoneo equipaggiamento”. Il contingente viene fissato in un massimo di 177 unità ed è autorizzato a svolgere l’attività per un periodo non superiore a 12 mesi, con uno stanziamento complessivo di 3 milioni di euro per 2024 e 2025. Per il personale distaccato in tale funzione è prevista la retribuzione dello straordinario fino a 55 ore mensili pro capite per coloro i quali sono impiegati nei gruppi operativi territoriali e fino a 20 ore mensili pro capite per il personale restante. Al personale impiegato nei gruppi operativi territoriali sono attribuite le funzion di agente di pubblica sicurezza, per consentite l’identificazione di persone “anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possano mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi in cui si svolge l’attività” (il riferimento è verosimilmente alle proteste degli ambientalisti), ma non sono attribuite al personale le funzioni di polizia giudiziaria. Infine, nel decreto è previsto che il personale militare “può utilizzare le dotazioni di armamento di cui è fornito, ove compatibili con le attività di cui al comma 1”.

Per l’appunto, riguardo alla compatibilità (o meglio idoneità) delle armi e soprattutto delle munizioni, occorre sottolineare che il materiale d’armamento di attuale dotazione (sia per quanto riguarda il fucile d’assalto individuale, sia eventualmente carabine per il tiro di precisione) non risulta pienamente rispondente all’impiego previsto e, soprattutto, risulta inadatto il relativo munizionamento, che è di tipo blindato e non espansivo. Problema di non agevole soluzione, a meno di non intervenire con specifiche acquisizioni che, tuttavia, rischiano di erodere gli stanziamenti previsti, a svantaggio delle retribuzioni per il personale.

Anziché adibire le forze armate a compiti specialistici che richiedono formazione ed equipaggiamenti dedicati, meglio sarebbe stato valorizzare la figura dei cacciatori di selezione, anche a riguardo di una economia di gestione.