Uits: anche Vespasiano non ci sta

Riceviamo e pubblichiamo:

 

Con la presente desidero formulare le mie personali considerazioni in ordine al parere (n. 1/2021) del Collegio di Garanzia dello Sport, Sezione V consultiva, concernente i requisiti di candidabilità/eleggibilità agli organi direttivi di una federazione sportiva nazionale avente natura pubblicistica, affiancandole a quelle già svolte dal Dott. Mantelli in ordine alla inapplicabilità alla carica di Presidente dell’UITS del divieto di conferimento a “soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”.

Ed infatti, acclarato che l’UITS è un Ente pubblico a base associativa e che il Presidente nazionale è un Organo (art.7 Statuto) elettivo (art.10, comma 2, lett.a, Statuto), in virtù dell’eccezione espressamente prevista dall’art.6 della Legge 114/2014 “per i componenti o titolari degli organi elettivi degli enti” pubblici associativi, ai fini della sua nomina inevitabilmente non trova applicazione il generalizzato impedimento al conferimento di cariche in organi di governo a soggetti in quiescenza.

D’altra parte, il pilastro, l’unico per la verità, su cui poggia la “monumentale opera ermeneutica” compiuta dal Collegio di Garanzia per giungere ad escludere l’applicabilità all’UITS della menzionata eccezione al predetto divieto, è rappresentato dal tentativo, assolutamente inconsistente e per nulla condivisibile, di intravedere tra le competenze connesse alla carica di Presidente dell’Unione, anche poteri e responsabilità riconducibili a funzioni dirigenziali o direttive, tali da non consentire che le funzioni amministrative ad esso spettanti possano configurarsi come mera attività di indirizzo politico. In altri termini, esso sarebbe dotato di poteri, al tempo stesso, di indirizzo e di gestione. La prova di tutto ciò, a dire del Collegio, risiederebbe nel fatto che il Presidente è chiamato a rispondere del funzionamento dell’Unione nei confronti del Ministero della Difesa (oltre che del CONI e dell’Assemblea Nazionale, tanto per riportare correttamente la disposizione statutaria), in base ai compiti ad esso assegnatigli dalla legge e dall’articolo 17 dello Statuto, nonché dal tipo di procedimento seguito per la sua nomina, oltre che dall’essere titolare di poteri gestori, secondo quanto si ricaverebbe dalla tipologia dei compiti a lui riconducibili.

Tale ricostruzione giuridica, peraltro, evidenzierebbe, sempre secondo il Collegio, la netta diversificazione dell’UITS rispetto all’ACI e all’AeCI (ossia alle altre due federazioni con le quali condivide la natura giuridica pubblica) relativamente alla responsabilità, al procedimento di nomina e alla natura dei poteri riconducibili ai rispettivi presidenti e che giustificherebbe, solo per questi ultimi, e non quindi anche per la UITS, l’applicabilità dell’eccezione al divieto di cui si discorre.

Al riguardo, a confutazione del ragionamento che precede, va preliminarmente osservato che la responsabilità del Presidente dell’UITS, così come delineata dal già richiamato articolo 17 dello Statuto, è in tutto speculare con quella del Presidente dell’ACI (art.17, comma 1, Statuto ACI) e del Presidente dell’AeCI (art.27, comma 9, Statuto AeCi), così come pure analogo è il procedimento di nomina governativa (Cfr. art.17, comma 3, Statuto UITS; art.19, comma 1, Statuto ACI; art.26, comma 3, Statuto AeCI).

Nessuna differenza, del pari, è dato riscontrare per ciò che concerne i poteri riconducibili alla carica di Presidente dei tre predetti enti, che dalla semplice lettura delle rispettive norme statutarie appaiono di tutta evidenza sostanzialmente identici e quasi perfettamente sovrapponibili (Cfr., in particolare, art.17 Statuto UITS; art. 19 Statuto ACI; art.27 Statuto AeCI) e in nessun caso sconfinano nell’attività gestoria propria degli incarichi dirigenziali e direttivi.

Appare, poi, a dir poco singolare e sicuramente non condivisibile la pretesa del Collegio di scorgere in capo al Presidente, così come riportato a pag. 20 del Parere, “una responsabilità non meramente politica, ma chiara espressione sintetica di quei poteri, al tempo stesso di indirizzo e di gestione”, per il fatto che l’art. 17, comma 2 dello Statuto intesta al Presidente poteri, come si diceva del tutto analoghi a quelli previsti per i presidenti dell’ACI e dell’AeCI, quali quello di formulare l’Odg, tenendo conto eventualmente delle richieste dei consiglieri (lett.b); la possibilità di agire in esecuzione delle deleghe ricevute dal Consiglio direttivo (lett.e); di adottare in via straordinaria, in caso di necessità e urgenza, provvedimenti provvisori di competenza del Consiglio direttivo, salvo ovviamente la ratifica nella prima riunione utile (lett.d); il potere di affidare singoli incarichi ai componenti del Consiglio direttivo e richiedere al Procuratore federale lo svolgimento di indagini per presunti illeciti (lett.h-i), “nonché il potere di voto in Consiglio Direttivo (art.19 Statuto) che, a tacer d’altro(sic), rende innegabile il suo esprimere funzioni di direzione, gestione, programmazione, amministrazione e controllo”.

A tale ultimo riguardo, al fine di evitare fuorvianti conclusioni, va innanzi tutto precisato che il predetto articolo 19 concerne le “Attribuzioni del Consiglio Direttivo dell’UITS” e il comma 1 riproduce fedelmente il primo periodo dell’art.60, comma 4, del DPR 90/2010 e assegna a tale Organo, nella sua collegialità, e non al Presidente Federale, “poteri di direzione, programmazione, amministrazione e controllo” (non anche, quindi, di gestione, come invece erroneamente indicato dal Collegio). Inoltre, al comma 2 del medesimo articolo, i citati poteri sono analiticamente elencati e tutti si mantengono nell’esatto perimetro delle competenze spettanti agli organi di governo, in quanto si concretizzano nell’esercizio di funzioni di indirizzo politico-amministrativo e di controllo, in totale ossequio del dovere di adeguamento al principio della distinzione con i poteri di attuazione e gestione spettanti ai dirigenti (nel nostro caso al Segretario Generale), di cui all’art.4, comma 4, del D.Lgs. 165/2001. Un diverso ragionamento, quale appunto quello formulato dal collegio Garanzia del CONI, inevitabilmente denunzierebbe un palese contrasto con la necessità di garantire la “netta separazione tra obiettivi di indirizzo politico-amministrativo e funzioni gestorie” (sentenza Corte Cost. n.161/2008) che, come più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale, costituisce una condizione “necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e di imparzialità dell’azione amministrativa” (sentenza n.304/2010; nello stesso senso, sentenze n.390/2008, nn. 103 e 104/2007), quale principio generale sancito dall’art.97 della Costituzione.

Tutto ciò, per quanto riguarda l’inapplicabilità alla carica di Presidente dell’UITS del divieto di conferimento a “soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”.

Per quanto concerne invece la partecipazione del Ministero della Difesa (sotto la cui vigilanza è posta l’UITS) al processo amministrativo di nomina del Presidente dell’Unione, esso necessariamente, al pari di tutti gli altri enti pubblici, non può che essere improntato alle norme della legge 24 gennaio 1978, n.14 recante “Norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici”e si svolge attraverso un articolato procedimento amministrativo (che in quanto tale per forza di cose deve essere adeguatamente motivato), che prende avvio a seguito della manifestazione della volontà assembleare e si articola attraverso una precisa sequenza di atti e operazioni, terminando infine con il decreto di nomina del Presidente della Repubblica.

E’ innegabile a tale riguardo, ovviamente, che in tale procedimento il ruolo del Ministro della Difesa non può essere relegato a quello di mero esecutore della volontà assembleare, ossia (al pari peraltro degli altri attori del procedimento) egli non si limita alla sola verifica formale della nomina, bensì estende il suo controllo al possesso dei requisiti e all’idoneità del soggetto, secondo criteri di capacità professionale tenendo conto degli eventuali incarichi precedentemente svolti o in corso di svolgimento, in relazione ai fini che si intendono perseguire nell’ente pubblico. Tuttavia, ritenere, come fa il Collegio di Garanzia, che tutto ciò possa essere indicativo di un modello “gestorio che alla funzione rappresentativa e di indirizzo del Presidente affianca anche poteri gestori”, appare assolutamente irrealistico e non condivisibile. Ove infatti si accedesse a tale tesi, si avrebbe l’assurdo effetto di qualificare il Presidente dell’UITS quale Dirigente Pubblico e tutti i partecipanti al procedimento di nomina, ad iniziare dal Ministro della Difesa, suoi superiori gerarchici. Va da se, infine, che in tale eventuale contesto ci si porrebbe inevitabilmente in aperto contrasto con tutte le norme che disciplinano le procedure di reclutamento per l’assunzione nella Pubblica Amministrazione, che ovviamente non prevedono l’accesso “per elezione”.

Le considerazioni che precedono, quindi, rendono del tutto evidente l’inconsistenza e infondatezza del parere del Collegio di Garanzia del Coni, le cui conseguenze condurrebbero inevitabilmente ad una distorta ed inammissibile applicazione della c.d. Legge Madia (legge

114/2014) e certamente non lasciano intravedere nulla di buono per quanto riguarda l’assoluta necessità che il Sistema del Tiro a Segno riconquisti la serenità di cui ha tanto bisogno.

A tacere, infine, delle forti perplessità che suscita lo strano tempismo di un parere così dirompente, reso a ridosso delle elezioni federali, a campagna elettorale di fatto già aperta.