Bernardino Ragni, professore di zoologia ambientale e di gestione faunistica presso l’Università degli Studi di Perugia, è l’autore di una innovativa proposta di utilizzo razionale della natura, denominata “nuovo Paleolitico”, che in queste settimane sta facendo discutere
Bernardino Ragni (in foto), professore di zoologia ambientale e di gestione faunistica presso l’Università degli Studi di Perugia, è l’autore di una innovativa proposta di utilizzo razionale della natura, denominata “nuovo Paleolitico”, che in queste settimane sta facendo discutere: prevede, infatti, l’apparente paradosso di una migliore, e duratura, conservazione della fauna e del suo habitat in un mondo sempre più povero di risorse economiche, attraverso (anche) la caccia sostenibile. “Si può arrivarci”, ha dichiarato Ragni in una intervista pubblicata dalla rivista Focus, “considerando animali selvatici e piante spontanee come una materia prima rinnovabile la cui produzione non costa un centesimo. Ma che è possibile sfruttare: l’importante è rispettarne la cosiddetta “capacità portante”, ovvero la possibilità di un ambiente naturale di sostenere e nutrire un certo numero di persone, capacità che è perfettamente nota, per ciascuna specie e popolazione, alla comunità scientifica e tecnica di oggi. Il nuovo Paleolitico propone quindi un rigoroso approccio tecnico-scientifico per coniugare natura ed esigenze umane, da qui l’attributo “nuovo”. Se sviluppato nella sua interezza e con convinzione, questo progetto potrebbe dare ottime ricadute economiche con un forte aumento dell’occupazione. Ho per esempio proposto in numerose sedi di svilupparlo in Centro Italia, e in particolare nelle zone sismiche dove esistono ambienti naturali molto ricchi.
E a chi osserva come la caccia possa entrare in contrasto con altri utilizzi delle risorse naturali, Ragni ribatte: “è una questione di tempi, di modi e di luoghi: le almeno 31 modalità di uso economico sostenibile del territorio, quindi anche e soprattutto naturalistiche, sono perfettamente conciliabili tra loro. Vanno solo adeguatamente gestite. E ciò vale anche per caccia e trekking, per esempio”.
Al timore che lo sfruttamento di alcune specie possa alterare l’equilibrio delle popolazioni di altri animali, Ragni ribatte: “nell’attuale situazione dell’ambiente naturale, seminaturale e rurale di gran parte dell’Italia il dilemma non si pone. In tutta la penisola la gran parte degli ungulati è in forte crescita e ciò vale soprattutto per il cinghiale. In crescita è anche il loro predatore naturale, il lupo italiano, che ha raggiunto numeri e superfici storicamente mai visti. La caccia a scopo economico di quote annuali alte o altissime delle prede forse potrà ridimensionare la popolazione e l’areale del lupo”.