Lo storico presidente del Tsn di Roma ha rilasciato dichiarazioni da lasciare allibiti in una intervista al Corriere
Il presidente del Tiro a segno di Tor di Quinto (Roma), Carlo Mantegazza, che ricopre tale ruolo da oltre 20 anni, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera si è lanciato in alcune dichiarazioni che stanno destando scalpore nel mondo del tiro e non solo. Vero è che il “taglio” giornalistico dato al pezzo dal collega Rinaldo Frignani è a dir poco distorsivo su alcuni temi in particolare, ma i virgolettati di Mantegazza restano, comunque, estremamente gravi tanto più per una persona che ricopre il ruolo istituzionale di presidente di un Tiro a segno nazionale (unica struttura nazionale deputata al rilascio delle abilitazioni al maneggio delle armi, indispensabili per il rilascio di qualsiasi porto d’armi). Il giornalista esordisce commentando come la procedura per il rilascio dell’abilitazione sia “abbastanza semplice”, anche se, prosegue, “alcuni preferirebbero un allungamento dei tempi, che a tutt’oggi, come prevede l’Unione nazionale tiro a segno (sic), sono limitati a una sola giornata fra teoria e pratica”.
“Da parte nostra”, esordisce Mantegazza nel suo controverso intervento, “stiamo invece studiando un sistema per organizzare corsi più strutturati, con sedute di aggiornamento, un po’ come accade per la patente di guida. D’altra parte noi siamo quello che la Motorizzazione civile rappresenta nel campo dei veicoli. Certifichiamo la capacità di una persona all’utilizzo delle armi da fuoco. Ma come non va bene che un neo patentato si metta al volante in autostrada subito dopo aver passato l’esame di guida, altrettanto non è possibile che una persona che è venuta qui a sparare per la prima volta ottenendo l’abilitazione, esca dal poligono e si vada a comprare una pistola in armeria”.
Si tratta, a nostro avviso, di dichiarazioni tanto incredibili da suggerire, o meglio gridare a gran voce che il collega giornalista possa aver travisato le dichiarazioni di Mantegazza. Non ci sembra possibile, infatti, che un presidente di lungo corso possa essere tanto sconsiderato e incosciente da squalificare, oltre al lavoro che svolge la sua medesima sezione, anche il lavoro svolto da tutti gli altri Tsn con dichiarazioni di tale superficialità. Che, oltretutto, non rispondono neanche alla realtà: forse non “andrà bene” per Mantegazza che un neo patentato vada in autostrada, ma sta di fatto che la patente di guida autorizza il neopatentato proprio ad andare anche in autostrada. Così come l’abilitazione al maneggio certifica che il soggetto è idoneo a maneggiare l’arma in sicurezza. Che è cosa diversa da certificare che sia un campione di tiro con la pistola o con la carabina, così come la motorizzazione civile non ci risulta certifichi che il neopatentato è pronto per la Formula uno. Tra l'altro, quali sarebbero questi famosi corsi di aggiornamento per la patente di guida?
L’articolo prosegue con una serie di considerazioni proprie del giornalista, obiettivamente superficiali e preconcette, ma il successivo virgolettato attribuito al presidente di Tor di Quinto mette i brividi: “non è possibile che in materia di detenzione ci siano state solo due occasioni per verificare la situazione: la prima con il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, risale al maggio 2003 dopo le stragi commesse a Milano e ad Aci Castello, che istituiva una revisione straordinaria per questo genere di titoli, la seconda invece nel giugno 2014 che prevede la presentazione ogni sei anni di un certificato di idoneità psicofisica. Altrimenti, ma soltanto in caso di controllo da parte delle forze dell’ordine, il possessore delle armi ha un mese di tempo per presentare quel documento in commissariato. Quello che mi chiedo è: ma quante persone non sono state controllate in tutti questi anni?”.
Evidentemente Mantegazza ha dimenticato che nel 2003, quando Beppe Pisanu istituì dall’oggi al domani la “presunzione” che tutti i possessori di porto d’armi fossero improvvisamente diventati pazzi, al termine del ciclo di visite mediche straordinarie dovette concludere egli stesso, a denti stretti, sulla sostanziale affidabilità dei detentori di armi; allo stesso modo dovrebbe essere opportuno ricordare che Calderini poté fare la sua strage a Milano perché gli fu rilasciato un porto d’armi con una procedura omissiva dei dovuti controlli, che è costata alcune condanne penali.
Insomma, ancora una volta il nostro settore ha dimostrato di non essere in grado di svolgere una corretta informazione al di fuori del campo degli “addetti ai lavori”.
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