Il Giornale ha pubblicato una notizia relativa al presunto “boom” di richieste di Porto d’armi che, insieme a dati statistici pur interessanti, propone una valanga di luoghi comuni nel più puro stile demagogico-antiarmi, risultando alla fine un caotico minestrone. Lo spunto arriva dalla constatazione che, nella provincia di Roma, ci sarebbe stato un aumento sensibile delle richieste di Porto d’armi: 9.800 nel 2005 e 11.250 nel 2006, contro le circa 5 mila del 2003…
Il Giornale ha pubblicato una notizia relativa al presunto “boom” di richieste
di Porto d’armi che, insieme a dati statistici pur interessanti, propone una
valanga di luoghi comuni nel più puro stile demagogico-antiarmi, risultando
alla fine un caotico minestrone. Lo spunto arriva dalla constatazione che,
nella provincia di Roma, ci sarebbe stato un aumento sensibile delle richieste
di Porto d’armi: 9.800 nel 2005 e 11.250 nel 2006, contro le circa 5 mila del
2003. E fin qui si tratta di dati, anche se farebbe una certa differenza capire
quante di queste richieste provengono dalle guardie giurate (che negli ultimi
anni hanno visto estendere a dismisura compiti e attribuzioni, sostituendo in
molti casi le forze dell’ordine) e quante da semplici cittadini. Lascia un po’
più perplessi, però, la considerazione che, siccome il Porto d’armi consente la
detenzione di “tre pistole” (ma chi l’ha detto?), “sei armi sportive e un
numero illimitato di armi da caccia”, il giornalista si lasci andare alla
speculazione secondo cui “ogni anno ci sono almeno 50 mila armi in più nella
nostra provincia”. In base a quale calcolo? Mah! Vabbé. Si prosegue facendo
notare che il titolare di un Porto d’armi, dopo i controlli iniziali, “per sei
anni viene lasciato indisturbato e senza controlli di alcun genere. Nel
frattempo, nella testa di un cittadino può succedere qualsiasi cosa, ma le
autorità non lo sanno e non possono prendere provvedimenti. Basti pensare che
nel 2003, la revisione straordinaria voluta dal ministro dell’Interno Beppe
Pisanu condusse al ritiro di ben 800 licenze di detenzione a Roma e provincia.
Persone che avevano dimostrato di non possedere più i requisiti legali o
psicofisici per detenere un’arma”. Beh, qui la forzatura non regge: lo stesso
ministro Pisanu, dopo la revisione straordinaria, ammise la “sostanziale
affidabilità” dei detentori di armi, considerando che le licenze ritirate
furono meno dello 0,5 per cento. Ci sa dire, il giornalista, quanti di quegli
800 “armati” decisero semplicemente (per età o semplice disinteresse) di non
offrire l’ennesimo balzello (fino a 100 euro) al medico per ossequio ai
desiderata di Pisanu, preferendo consegnare le armi? Ma il bello arriva quando,
in conclusione, il giornalista chiosa: “non si capisce perché la licenza per
tiro a volo, quasi gratuita e alla portata di tutti, dia anche la possibilità
acquistare pistole e munizioni per cui è necessario normalmente il Porto
d’armi”. Beh, siamo a posto! Se qualcuno avesse spiegato al giornalista che per
avere una licenza di Tiro a volo bisogna fare gli stessi esami e subire gli
stessi controlli necessari per un altro Porto d’armi o per il Nulla osta,
quanto inchiostro si sarebbe risparmiato! Ma forse il problema è che la licenza
del Tiro a volo è “quasi gratuita”: giusto, vuoi le armi? E allora sei un
potenziale assassino o, comunque, una persona di cattivo gusto. Quindi devi
pagare, e pagare salato! Chiusura in bellezza: “Perché le armi ad avancarica –
pure micidiali – sono di libera vendita e non necessitano della minima
autorizzazione per l’acquisto?” Ma la risposta è semplice: come farebbero,
altrimenti, i rapinatori ad armarsi per assaltare le banche al grido di
“Savoia”?