Stoner Sr-25: dall’assalto al tiro

Ha mantenuto l'estetica e la struttura meccanica di un fucile d'assalto, pur modificando il campo di utilizzo. Degna di nota la cura dei particolari. Si esalta nel tiro di precisione sulle lunghe distanze

Di Flavio Gandini, foto Matteo Galuzzi

Esistono quattro buone ragioni per scegliere di acquistare un fucile semiautomatico come l’Sr-25.
La prima è diretta esclusivamente a coloro che operano nell’ambito militare e riguarda la possibilità di utilizzare il fucile per il cecchinaggio.
La seconda coinvolge chi ha la passione per le armi lunghe e difficilmente riesce a sfuggire al richiamo di un semiautomatico curato come lo Stoner.
La terza è la possibilità di partecipare alle competizioni con un fucile semiautomatico dalle eccellenti prestazioni.
La quarta e ultima deriva dalla crudeltà d’animo di chi ve lo fa provare: è talmente bello e istintivo da utilizzare, che si fatica a restituirlo al legittimo proprietario. Il numero dei pezzi prodotti dalla Knight’s manufacturing company è abbastanza esiguo, proprio perché i circa cento dipendenti dell’azienda sono impegnati nella produzione di pezzi molto curati, che non vengono sfornati dalle linee di produzione come noccioline.
L’azienda produttrice dello Stoner è una “sorella minore” della Knight’s armament company, che si occupa di forniture militari nel settore dell’armamento leggero. La Kmc non fa altro che rifornire il mercato civile di armi simili a quelle in dotazione all’esercito, soddisfacendo le richieste di un cliente, quasi sempre appassionato di Tiro a segno, più esigente e che richiede maggiore accuratezza.

​I modelli offerti dalla Kmc sono otto: quattro versioni dell’Sr-15 (in calibro .223 Remington), l’Sr-50 (che in Italia non può essere importato in quanto camerato per il calibro .50 Browning machine gun) e, infine, tre allestimenti dell’Sr-25.
Quello che abbiamo preso in esame per la nostra prova è il più completo, con canna pesante in acciaio inossidabile di 24”. Sono disponibili anche l’Sr-25 Light weight match e l’Sr-25 Carbine, con canna più sottile, rispettivamente di 20 e 16 pollici di lunghezza. L’ultimo, poi, ha il maniglione di trasporto superiore al posto della slitta per il montaggio dell’ottica.
La paternità di tutti i fucili Kmc è da attribuire al progettista Eugene Stoner, il quale ha messo a punto una serie di semiautomatici di differenti calibri, partendo dalla struttura meccanica di fucili in dotazione all’esercito statunitense (e non soltanto) e puntando tutto sulla precisione, ma senza dimenticare l’intercambiabilità del maggior numero di parti con quelli di ordinanza. In questa impresa, si è rivelato strategico l’apporto di Reed Knight che, come appassionato e costruttore, ha colto al balzo l’occasione, arrivando perfino a creare un’industria specializzata proprio nel settore delle armi portatili per impieghi speciali. L’impegno profuso è stato, da tempo, ripagato da un successo commerciale che si sta allargando in tutto il mondo, tanto da mettere in crisi la capacità produttiva degli impianti con numerose richieste.

​L’Sr-25 della Knight’s deriva da un fucile d’assalto, del quale ha mantenuto rigorosamente l’aspetto estetico e la struttura meccanica, pur modificando decisamente il campo di utilizzo, che è quello dell’arma per il tiro o per lo sniperaggio in ambito militare.
La finitura e la precisione di accoppiamento delle parti meccaniche soddisfano pienamente le necessità imposte dal secondo tipo di impiego, mentre l’assetto è tale da richiedere qualche sacrificio al tiratore che desideri portarlo sui campi di gara.
La parte centrale dell’arma è costituita da un castello in alluminio, proveniente dall’esperienza maturata dall’industria aeronautica, che si sviluppa notevolmente in altezza, tanto è vero che, a fronte di una canna di 24” (610 mm), la lunghezza complessiva risulta di soli 1.105 mm, valore difficilmente migliorabile senza ricorrere a configurazioni di tipo bull-pup.
Il funzionamento semiautomatico si basa su un otturatore rotante, che viene sbloccato dai gas prelevati dalla canna e convogliati attraverso il tubo che corre sopra la canna stessa.
La molla che riporta l’otturatore in chiusura è contenuta nella parte superiore del calcio, che ha un’apposita cavità destinata allo scopo. Tale molla ci ha stupito per l’efficacia e la dolcezza di funzionamento: l’otturatore, infatti, arretra senza difficoltà, afferrando, con due sole dita, i piccoli appigli zigrinati posti sulla codetta. L’azione si arresta in posizione di apertura manualmente, con estrema facilità, e altrettanto semplice è lo sgancio che la rimanda in chiusura. L’avanzamento dell’otturatore manda la nuova cartuccia in camera senza impuntamenti, con una fluidità che rivela, anche all’occhio meno esperto, quale cura sia stata applicata nella finitura e nella verifica delle tolleranze di lavorazione.
Il condotto che convoglia i gas corre sopra la canna (fino a metà con canna di 24”) e rimane protetto dall’astina polimerica che, nella parte anteriore, è aperta in modo da permettere lo smaltimento del calore anche nel tratto di canna coperto.
Il tubo di lancio è flottante, in acciaio inossidabile, brunito superficialmente, e viene prodotto dalla Remington, ma rifinito dalla Kmc.
La rigatura è a cinque principi con un passo di 11” 1/4, perfetto per stabilizzare i proiettili match di 168 grs.
La canna della versione Match ha un diametro esterno notevole, per garantire una tenuta perfetta anche quando il numero di colpi esplosi consecutivamente è elevato. Sopra il fusto si trova la slitta per il montaggio dell’ottica.
La lunghezza notevole consente l’installazione di congegni di mira di ogni tipo anche se, per l’impiego agonistico, la categoria Sniper semiautomatici prevede un limite massimo di 6 ingrandimenti.

​L’esemplare della nostra prova era corredato con un cannocchiale Leupold 6×42, anche se la Casa costruttrice consiglia l’adozione del Leupold Vari-X III 3,5-10 Std Police scope.
Lo smontaggio primario è quanto di più semplice e intuitivo si possa immaginare e non richiede il supporto di alcun attrezzo. Si parte con la rimozione del caricatore, che può essere di 5 o 10 colpi (in Italia non è disponibile il “magazzino” lungo per 20), poi si estrae il piolo di fermo, posto sul lato destro. A questo punto, il gruppo canna-culatta si disimpegna dal fusto, lasciando la possibilità di estrarre il portaotturatore e, in seguito, di sfilare il perno di accoppiamento, che unisce le due parti principali. L’otturatore ha un altro piolo sfilabile, che trattiene in sede il percussore e un perno che mantiene in posizione di funzionamento l’otturatore. Così, in pochissimo tempo, è possibile intervenire su tutte le parti che richiedono pulizia e manutenzione, utilizzando, se lo si desidera, gli appositi accessori che trovano posto all’interno della cavità del calcio, celata da uno sportello ribaltabile, ricavato nel calciolo in gomma zigrinata.
Anche l’impugnatura a pistola è cava, ma in questo caso si tratta soltanto di un intervento volto a limitare il peso complessivo del fucile.
Meccanicamente, si possono apprezzare la presenza dello sportello di protezione della finestra di espulsione, lo scatto match in due tempi e la possibilità di montare un deflettore per controllare la traiettoria dei bossoli espulsi.
La sicura è a due posizioni: ruotando la levetta, che si trova in posizione facilmente accessibile sul lato destro del fusto, si impedisce ogni movimento al percussore. Se quest’ultimo non è armato, l’arma non accetta l’inserimento della sicura manuale.
Il calcio ha uno sviluppo decisamente lineare con profilo simmetrico per l’impiego ambidestro dell’arma. L’impugnatura a pistola, in materiale polimerico come il calcio, si protende verso il basso con una netta inclinazione all’indietro. La superficie laterale dell’impugnatura è zigrinata e, frontalmente, presenta due sporgenze, che aiutano il posizionamento delle dita della mano forte.
Effettivamente, la posizione ci è sembrata un po’ troppo ribassata per essere confortevole al massimo anche se l’impiego del bipiede diminuisce tale sensazione negativa. Il bipiede, appunto, è un accessorio che non appartiene alla dotazione di serie, anche se la Kmc consiglia e distribuisce ai propri clienti il supporto pieghevole modello “L” della Harris.
Nel corso del nostro test in poligono, abbiamo trovato efficace e stabile il bipiede regolabile sopracitato, tanto da condurre tutta la prova di rosata, rinunciando al rest. L’unico appunto che possiamo muovere a questo accessorio è la possibilità che, in condizioni di tiro in salita o con un piano di appoggio non uniforme, le stampelle tendono a chiudersi in conseguenza delle sollecitazioni provocate dallo sparo. È proprio per questo motivo che l’esemplare fotografato era dotato di due fori filettati supplementari, destinati ad accogliere le viti di fermo in posizione estesa dei bracci pieghevoli.

I test di rosata si sono svolti sulla distanza di trecento metri, sulle linee di tiro del poligono di Codogno, nel quale, grazie all’attrezzatura messa a disposizione dalla direzione, abbiamo potuto controllare colpo per colpo l’andamento del test sui visori dedicati.
Lo Stoner ci ha stupito favorevolmente per le reazioni non esasperate che seguono l’esplosione delle munizioni. Ci è sembrato che il peso del fucile e il funzionamento del gruppo di otturazione siano calcolati così bene da annullare il rilevamento e da rendere il rinculo molto simile a quello di altri semiautomatici camerati per il calibro .223 Remington, rispetto al quale, però, il .308 Winchester ha una marcia in più, soprattutto quando si spara nel corso di una giornata ventilata e a una distanza di tiro superiore ai trecento metri.
Ottimo anche il tipo di ottica scelta (Leupold Mk IV M3 6×42) che, nonostante i “poveri” 6 ingrandimenti, ha consentito di collimare con facilità il bersaglio e ha rivelato una luminosità eccellente. Le rosate migliori sono state ottenute con le ricariche appositamente studiate per il fucile in esame, ma anche con le munizioni commerciali Remington e Federal Match le promesse fatte dall’azienda che produce lo Stoner sono state largamente rispettate.
La Knight’s garantisce, infatti, un pollice di diametro a 100 metri di distanza. Cinquanta millimetri a trecento metri sono un risultato decisamente migliore, ottenuto, tra l’altro, senza badare minimamente ai tempi necessari per il raffreddamento della canna, che ha dimostrato di non soffrire minimamente le rapide sequenze di tiro.
Lo scatto, invece, ci ha un po’ deluso. Nonostante si tratti di un pacchetto denominato match, studiato appositamente per il tiro di precisione, la corsa del primo tempo non è fluida come ci si potrebbe aspettare e lo sgancio sembra un po’ indeciso. Complice di questa valutazione negativa è la posizione del grilletto, che, rispetto all’impugnatura, non è delle più comode.
Un piccolo particolare, degno di nota: in passato l’interessamento dei corpi speciali del nostro esercito per la versione Light weight Match, dimostra quanto possa essere interessante l’Sr-25 anche in ambito militare.

L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – luglio 2000

Costruttore: Knight’s manufacturing company, 7750 9th street S.W. Vero Beach, Florida (Usa), tel. 00.15.61.37.00, fax 00.15.61.29.55
Importatore: G. Demarchi, via Giorgio Bidone 10, 10100 Torino, tel. 01.16.55.659, fax 01.16.67.884
Modello: Stoner Sr-25 Match rifle
Tipo: fucile semiautomatico
Calibro: .308 Winchester
Funzionamento: a recupero di gas con serbatoio di alimentazione amovibile
Canna: lunghezza 610 mm, rigatura a 5 princìpi con andamento destrorso, passo 1:11” 1/4 (286 mm)
Percussione: percussore lanciato
Capacità serbatoio: 5 o 9 colpi
Estrattore: a unghia, in testa all’otturatore
Espulsore: a puntone caricato elasticamente
Mire: metalliche sulla versione Carbine, con slitta per il montaggio dell’ ottica sulle altre (Match rifle e Light weight match)
Scatto: in due tempi senza stecher
Calciatura: in materiale polimerico
Peso: 4.870 grammi (senza ottica)
Lunghezza: 1.105 mm
Materiali: fusto in alluminio, canna in acciaio inossidabile, calciatura sintetica
Finitura: meccanica e canna brunite
Numero del Catalogo nazionale: 10.117