Ci risiamo. Le modalità sono sempre le stesse, gli esecutori anche, ma sono le stesse anche le contromisure adottate dalle amministrazioni. L’ennesimo ricorso animalista, questa volta a stagione venatoria già iniziata, per chiedere la sospensione per almeno 30 giorni dell’attività venatoria in Lombardia e per “inibire su tutto il territorio regionale il prelievo venatorio delle specie ritenute cacciabili ove disposto in difformità dal parere Ispra, previa audizione del difensore in Camera di consiglio”. Queste le richieste della Lac, la Lega per l’abolizione della caccia, contenute in un ricorso depositato il 20 settembre (il giorno successivo all’apertura della caccia) al Tar di Milano contro il calendario venatorio della regione. A farne le spese, come sempre, rischiano di essere i cacciatori, che, dopo un’annata venatoria funestata dal Covid, si trovano a fare i conti con l’ennesimo rischio di sospensione.
«Aspettiamo le disposizioni del Tar», ha dichiarato Barbara Mazzali, consigliere regionale in Lombardia per Fratelli d’Italia, «ricordando che il calendario della Regione Lombardia è rispettoso del territorio e delle specie. Non ci sono motivi per bloccarlo, è solo un atto politico delle associazioni animaliste che mirano unicamente a sospendere la caccia, senza motivazioni oggettive».
Un atto politico, un pretesto delle solite sigle animaliste, questo è certo, ma che forse poteva essere scongiurato già alle origini. Di questa idea è l’eurodeputato Pietro Fiocchi, che ha accusato l’assessorato all’Agricoltura lombardo di non aver rispettato il termine del 15 giugno per la pubblicazione del calendario, come da lui più volte richiesto. Questo sarebbe avvenuto, secondo Fiocchi, «per una serie di ragioni e di scelte che mettono in luce delle carenze tecnico-amministrative, compresa la strategia di arrivare a ridosso dell’apertura con un calendario, che in alcune parti non è stato ancora completato, si sta dimostrando deficitario e fallimentare». Per il ricorso al Tar, infatti, il tempo massimo è di 60 giorni, quindi, qualora il calendario fosse stato pubblicato entro il 15 giugno, non si sarebbe verificato un rischio di sospensione della caccia in settembre.
Il rischio concreto, al momento, è che il Tar, in attesa di una decisione definitiva, possa accogliere la richiesta di sospensione della caccia, l’ennesima ingiustizia per i cacciatori, vittime da una parte dell’animalismo estremista e, dall’altra, di amministrazioni carenti nella gestione dell’attività venatoria.