Nella cosiddetta Legge europea 2019-2020, che contiene la famosa modifica normativa alla legge 110/75 che rimuove l’anacronistico divieto di vendita delle armi corte in 9×19 mm, anche il ministero dell’Interno ha voluto mettere un proprio emendamento, contestuale a quello proposto dal senatore Giovanbattista Fazzolari di Fratelli d’Italia (volto appunto a eliminare il divieto delle armi corte in 9 para), che funge da “corollario” andando a intervenire su quella che è sempre stata una delle fisime del burocratismo romano: cioè sul fatto che, a parità di calibro, il munizionamento utilizzato dalle forze armate e dell’ordine possa essere chiaramente distinguibile da quello commercializzato sul mercato civile.
Così, il ministero ha fatto inserire appunto nella legge europea, insieme all’emendamento Fazzolari, un ulteriore comma all’articolo 1 della legge 110/75 (quello che dà la definizione giuridica di armi da guerra, munizioni da guerra e armi tipo guerra), che dice: “Le munizioni di calibro 9×19 destinate alle Forze armate o ai Corpi armati dello Stato devono recare il marchio Nato o altra marcatura idonea a individuarne la specifica destinazione”.
Questa definizione in realtà non comporta alcuna differenza rispetto a quella che era la disciplina previgente in fatto di detenzione di munizioni 9×19 da parte dei privati: né tantomeno, come è già oggi consentito, preclude il possesso di bossoli sparati con contrassegni militari o di polizia da parte dei privati, e il loro successivo reimpiego mediante ricarica, per l’utilizzo nelle armi comuni da sparo o sportive civili.