Secondo quanto riferisce il quotidiano locale L’Arena, tre cittadini della provincia di Vicenza (e un cittadino ucraino, residente da anni nella zona) si sarebbero visti sequestrare armi e munizioni legalmente detenute, nonché ritirare i porti d’arma, dalla questura in seguito a una indagine congiunta condotta da Digos e polizia postale, dalla quale sarebbe emerso che i tre volevano andare a combattere in Ucraina come foreign fighter (due a favore dell’esercito russo, il terzo a favore di quello ucraino). L’indagine, sempre secondo il quotidiano veneto, sarebbe tuttora in corso e non si esclude che possa portare al coinvolgimento di un numero più ampio di persone. Il tracciamento dei cittadini destinatari dei provvedimenti sarebbe avvenuto tramite i social network e il sistema di messaggistica Telegram.
La motivazione sottesa all’operazione troverebbe la propria ragion d’essere nella nota diffusa alcuni giorni or sono dal ministero degli Esteri, nella quale si evidenziava che il ruolo di foreign fighter possa essere ritenuto penalmente rilevante secondo gli articoli 244 e 288 del codice penale che, rientrando nel novero dei delitti “contro la personalità dello Stato”, in caso di condanna sarebbero da ricomprendersi nei motivi ostativi al rilascio o rinnovo del porto d’armi secondo l’articolo 43 del Tulps. Evidentemente l’autorità di pubblica sicurezza ha ritenuto che la sola manifestazione della volontà di intervenire in armi nel conflitto russo-ucraino abbia determinato il venire meno dei requisiti di affidabilità nel non abuso delle armi, da parte dei titolari delle autorizzazioni di polizia. Si tratta, in ogni caso, di un precedente tutto sommato inedito nella peculiarità dell’attuale situazione. Non è dato sapere se, contro i provvedimenti in oggetto, i cittadini coinvolti abbiano o meno intenzione di presentare ricorso.