Non depone a favore della “bella Italia” il rapporto Ispra sulle nostre coste. Infatti sono stati accertati dati più che preoccupanti. Ogni anno si perdono 5 km di costa a favore di nuove costruzioni artificiali. Ma c’è di peggio: infatti le zone retrostanti, di chilometri ne “perdono” addirittura il doppio, cioè 10 km di fascia retrodunale all’anno. Terreni coltivati, vegetazione e altre formazioni naturali che scompaiono. L’aggiornamento che ha evidenziato tali problematiche, fa parte della banca dati “Linea costiera italiana 2020”. Nei suoi 8.300 km totali di coste, l’Italia ne ha occupati il 13% da opere artificiali, idrauliche e di balneazione. Negli ultimi 20 anni l’artificialità delle coste è aumentata di oltre 100 km. Sui 4.000 di retrospiaggia ne è completamente occupato il 20%, qui l’incremento è stato di addirittura 200 km negli ultimi 20 anni. L’Ispra, con il suo nuovo portale, rende possibili e consultabili i propri dati in modo da essere valido supporto per studi universitari e ambientali. È paradossale constatare che proprio il noto immobilismo dello Stato ha spesso garantito a molte zone costiere di rimanere intatte. Infatti diverse strutture militari, quali poligoni, depositi, aree di addestramento, aeroporti militari eccetera, sono rimaste immutate nel tempo, senza “mangiare” chilometri di costa. Indubbiamente non dovrebbe essere questa la soluzione quanto, piuttosto, un controllo più serrato da parte dello Stato stesso nel monitorare le nuove concessioni. Ancor più il monitoraggio verso l’inquinamento da rifiuti, vedi discariche, che poi si riversano in mare da corsi d’acqua retrostanti le spiagge. Calcolando che tutto ciò che si è già perso, in particolare dove si sono insediati manufatti abitativi, difficilmente si potrà mai recuperare.