Dopo le modifiche effettuate sulle carabine Zastava M76 a Senigallia e in vista della restituzione ai proprietari, si pone l’interrogativo se le armi abbiano cambiato o meno categoria di classificazione. In altre parole, alcuni si domandano se le armi abbiano o meno subito una modifica che possa definirsi di “demilitarizzazione”, il che comporterebbe per le carabine in questione il passaggio nella categoria europea A6, con la conseguente necessità, per la detenzione, di essere iscritti a un Tsn, a un campo di tiro affiliato al Coni o a una federazione di tiro del Coni.
Antonio Bana, nella sua duplice veste di presidente di Assoarmieri e di avvocato che ha seguito la vicenda fin dalle prime battute, ha diffuso una nota con la quale precisa che “dopo le ultime notizie riguardo al completamento delle operazioni tecniche di modifica delle componenti dello scatto da parte della Tfc, in vista della restituzione ai terzi interessati delle carabine in questione, l’adeguamento tecnico che è stato effettuato sulla carabina semiautomatica Zastava M76 non è tale da variare la categoria di appartenenza del modello di arma secondo le Direttiva UE 853/17, poiché non è assimilabile ad una procedura di demilitarizzazione. L’arma pertanto rimane nella categoria originaria B4”.
A tal proposito c’è, tuttavia, una ulteriore precisazione che si rende necessaria: la scheda di classificazione delle carabine Zastava M76 in questione è la 12_02089, che riporta appunto la categoria B4. Tale scheda di classificazione non risulta essere mai stata aggiornata, cioè convertita, al nuovo elenco delle categorie europee entrato in vigore con il decreto legislativo 104 del 2018 (altrimenti il codice di classificazione comprenderebbe anche una lettera “c”). Il problema è determinato dal fatto che, secondo l’attuale regolamentazione del Banco di prova relativo alla procedura di classificazione, le carabine M76 avrebbero le caratteristiche per rientrare nella categoria B9, in quanto presentano due delle caratteristiche previste dal banco stesso per essere considerate “somiglianti” ad armi automatiche (in questo caso, l’impugnatura a pistola e l’attacco baionetta). Questo non cambia niente per gli attuali proprietari, che continuano in ogni caso a poter detenere le armi tra le carabine da caccia in forza di quanto previsto dalla legge n. 43 del 2015. Il problema, però, potrebbe porsi nell’eventualità in cui tali proprietari, una volta rientrati in possesso di tali armi, decidano di venderle a terzi.