Un reportage di pochi giorni fa dell’emittente statunitense Cbs rinfocola le polemiche sulle forniture di armi all’Ucraina, per resistere all’attacco russo: secondo il servizio, tra il 60 e il 70 per cento degli aiuti bellici americani non avrebbero in realtà mai raggiunto la linea del fronte, perché fermi nei vari centri di smistamento e stoccaggio tra Germania, Polonia e Ucraina o perché, semplicemente (e gravemente), “spariti”. Numeri a dir poco incredibili, in effetti, che sono stati commentati molto negativamente dalle autorità ucraine, le quali hanno accusato la Cbs di fare disinformazione e hanno invocato una “inchiesta internazionale”. In seguito alle proteste, la Cbs ha in parte aggiustato il tiro, modificando il documentario e gli articoli collegati con la precisazione che il reportage era stato realizzato alla fine di aprile e che da allora la situazione è “notevolmente migliorata”.
Sta di fatto che qualche dubbio sul destino effettivo delle forniture militari (che saranno ulteriormente aumentate, secondo recenti dichiarazioni del governo Usa) evidentemente alle gerarchie statunitensi deve essere venuto, a riprova di ciò il generale americano Garrick Harmon, capo del centro di gestione degli aiuti militari ai Paesi stranieri, si trova da alcuni giorni in missione in Ucraina, una missione i cui dettagli non sono stati resi pubblici. A preoccupare Washington, in particolare, sarebbe il fatto secondo il quale i recenti cambi al vertice dell’intelligence ucraina operati da Zelensky sarebbero dovuti proprio alla constatata incapacità di mettere un freno al traffico illegale di armi e di fondi provenienti dai Paesi occidentali.