Quando fu presentato, nel 1990, il calibro .40 S&W avrebbe dovuto rappresentare quel trait d’union ideale tra i pregi del calibro beniamino degli americani, il .45 acp (in termini di potere d’arresto), e il 9×19 che proprio in quegli anni si stava diffondendo nelle cosiddette pistole “wondernine” (in termini di capacità di fuoco). In realtà non solo non ha scalzato la popolarità dell’uno e dell’altro ma, anzi, in particolare negli ultimi anni sembra aver imboccato il viale del tramonto. Ma è proprio così? E per quale ragione?
Le origini
Il .40 S&W affonda le proprie radici nella scelta che l’Fbi statunitense fece, all’indomani della sparatoria passata alla storia con il nome di “Miami shootout” (1986), di disporre di armi corte dotate di un potere d’arresto superiore rispetto ai revolver in .38 special e alle pistole in 9×19 che all’epoca avevano in dotazione agli agenti. Il risultato di questa richiesta fu l’adozione del 10 mm auto che, tuttavia, ci si rese conto molto presto che era poco gestibile dall’operatore medio, in termini di rinculo e rilevamento. L’Fbi richiese un ridimensionamento prestazionale, che inizialmente fu realizzato semplicemente diminuendo la carica di polvere e adeguando le molle di recupero delle armi in 10 auto (cosiddetta “Fbi load”), ma dopo poco si decise di ridurre la lunghezza del bossolo, adeguandola all’effettiva carica di lancio. In questo modo, invece di essere costretti a utilizzare fusti di armi nate in .45 acp, era possibile utilizzare fusti di armi nate per il 9×19, anche con caricatori bifilari. I caricamenti tipici hanno un peso di palla compreso tra il 165 e i 200 grani, più spesso intorno ai 170-180 grani.
La cartuccia fu messa a punto dalla Winchester, che fu anche la prima azienda a mettere in commercio un caricamento, la prima arma fu invece realizzata dalla Smith & Wesson (il modello 4006), seguita a ruota da Glock con i modelli 22 e 23, che furono adottate dall’Fbi nel 1997. Già prima di tale data, tuttavia, le armi in .40 S&W avevano acquisito una buona popolarità sul mercato statunitense, sia grazie all’effetto trainante dell’adozione da parte di varie agenzie di polizia, sia perché nel 1994, con l’entrata in vigore del cosiddetto “assault gun ban” voluto da Bill Clinton (e dall’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden), erano previste restrizioni sull’acquisto e sul possesso di caricatori con capacità superiore alle 10 cartucce, tipici delle “wondernine” in 9×19, mentre le stesse armi in .40 rientravano nei limiti di legge.
Per alcuni anni, quindi, a cavallo tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, il .40 S&W ebbe il suo momento di popolarità, seppur non sia mai effettivamente riuscito a scalzare del tutto il 9×19 come calibro per servizio di polizia, né tantomeno a diventare il primo calibro per difesa personale degli Stati Uniti (o degli altri Paesi occidentali). In effetti, il suo principale ostacolo a una diffusione dilagante è sempre stato sia un rinculo e un rilevamento superiori rispetto al 9 mm, sia il perenne dilemma se fosse meglio disporre di 15 colpi con un potere d’arresto leggermente inferiore, oppure 10 con un potere d’arresto leggermente superiore.
L’inizio del declino
Il dilemma fu in parte sciolto, a sfavore del .40, allorché cominciarono nei primi anni Duemila a essere rese pubbliche le statistiche sull’efficacia terminale del munizionamento negli scontri a fuoco delle differenti agenzie di polizia americane. Da queste, si poteva evincere che né il 9 mm, né il .40, né il .45 riuscivano a concludere l’azione aggressiva dei malviventi con un solo colpo, tranne i casi nei quali veniva colpito il cranio, bensì era necessario sempre, come minimo, un secondo colpo, o più. In conseguenza di ciò, molte agenzie di polizia statunitensi cominciarono ad abbandonare progressivamente il .40 per tornare al 9×19, e disporre così di una maggior riserva di munizioni. In concomitanza con questa tendenza di “riflusso”, le aziende produttrici di munizioni stavano comunque commercializzando caricamenti espansivi ad alte prestazioni per il 9×19, determinando anche la scelta, infine, dell’Fbi (nel 2016) di passare al 9×19, abbandonando il .40. Un altro elemento che ha portato il 9×19 a essere il calibro più richiesto negli Stati Uniti nella seconda decade del XXI secolo è stata la diffusione di pistole micro-compatte polimeriche, per il porto occulto, camerate proprio in 9×19: calibro che, in particolare in questo genere di armi, rappresenta la “summa” ideale tra efficacia balistica, numero di colpi e controllabilità allo sparo.
Oggi?
Qualificare il .40 S&W come calibro “morto” od obsoleto non è corretto: anzi, paradossalmente, negli Stati Uniti ha avuto una certa “fiammata di ritorno” in occasione dell’epidemia di Covid quando, in seguito alla “corsa agli armamenti” da parte dei cittadini statunitensi per paura di disordini sociali conseguenti alla pandemia e al movimento black lives matter, le armi e soprattutto le munizioni in 9×19 erano pressoché irreperibili sul mercato, mentre era rimasta una certa disponibilità di armi e munizioni in .40. È un fatto che il calibro sia regolarmente in produzione, così come armi per esso camerate. È un altro fatto che, oggi, il mercato si stia sempre più decisamente “stabilizzando” sul calibro 9×19, sia per impiego militare, sia per impiego difensivo, sia per impiego ludico-sportivo (con la sola eccezione di specifiche division del Tiro action). Il .40 S&W quindi non è “morto”, ma è rimasto confinato in una nicchia per appassionati e cultori di questa cartuccia comunque bellissima. E in tale nicchia, verosimilmente, resterà per i prossimi anni.