Il termine tecnico è “calepinatura”, in lingua anglosassone si definisce “paper patch” e, conseguentemente, si parla di “proiettili calepinati” o di “paper patched bullets”. Stiamo parlando dei proiettili in piombo nudo, fasciati in carta. Ma quando, di preciso, è invalsa nell’uso questa tecnica di costruzione dei proiettili (principalmente per carabina, ma più raramente anche nei calibri per pistola)? E per quale motivo veniva fatta? Ma soprattutto, perché oggi è pressoché sconosciuta?
La tecnica della calepinatura del proiettile in piombo nudo ha cominciato a diffondersi negli Stati Uniti nei primi anni Settanta del XIX secolo, in Europa suppergiù negli stessi anni, per risolvere un problema prettamente tecnico, rappresentato dalle sempre maggiori prestazioni dei calibri a bossolo metallico per carabina. Che fossero calibri per la caccia al bisonte nordamericano (come la serie delle munizioni Sharps) o che fossero munizioni destinate ai fucili d’ordinanza degli imperi centrali (come la 11 mm Mauser Modello 1871 o l’austriaca Werndl 1877), seppur ancora caricate a polvere nera, ci si rese conto che il proiettile in piombo nudo, una volta superata una certa velocità (circa 370-380 metri al secondo), tendeva a impiombare pesantemente la canna e, inoltre, non riceveva una stabilizzazione corretta dalle rigature. Fasciando, invece, il proiettile con la carta (in tal caso i proiettili erano leggermente quanto opportunamente sottocalibrati), si riusciva a fare in modo che prendesse correttamente le rigature e si riduceva praticamente a zero l’impiombamento della canna. La fasciatura in carta veniva realizzata a mano, mediante ritagli di forma romboidale, la cui metà superiore veniva avvolta intorno al proiettile. Una volta realizzato il “tubo”, la parte inferiore veniva annodata e tagliata l’eccedenza. In questo modo, la fasciatura in carta restava solidale al proiettile e quest’ultimo poteva essere manipolato per le successive operazioni di caricamento del bossolo e crimpaggio. Le munizioni “calepinate” sono, in sostanza, state mandate in pensione dall’ulteriore diminuzione dei calibri delle carabine, effettuata a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta del XIX secolo, che ha comportato un ulteriore aumento delle velocità iniziali, ulteriormente esasperato dalla scoperta delle polveri senza fumo. Conseguentemente, la fasciatura in carta risultava insufficiente a garantire la corretta stabilizzazione nelle canne, e quindi ci si è dovuti rivolgere a un altro sistema di “protezione” del piombo del proiettile, inventato dal colonnello svizzero Rubin nel 1882: la camiciatura integrale del proiettile tramite metalli elastici e tenaci, come le leghe di rame o il ferro dolce. I proiettili camiciati hanno quindi soppiantato la calepinatura, anche se le scorte di munizioni nei calibri di “vecchia” generazione, insieme alle armi per esse camerate, sono state utilizzate operativamente (anche se principalmente in compiti di seconda linea) fino alla fine del primo conflitto mondiale.
Oggi, in particolare negli Stati Uniti, c’è uno “zoccolo duro” di appassionati che utilizza il metodo della calepinatura per sparare proiettili ogivali in piombo nudo sia nei calibri tradizionali del XIX secolo (come le repliche dei fucili Sharps), sia anche in armi e calibri moderni (come il .30-06), purché a velocità non elevatissime.