Nonostante il trascorrere degli anni, il revolver ha ancora da dire la sua nella difesa abitativa, innanzi tutto grazie alla sua praticità e immediatezza d’uso. Le realizzazioni più moderne consentono anche “mix” balistici particolari
Nonostante il proliferare delle semiautomatiche polimeriche destinate al porto occulto, il revolver è tutt’altro che defunto nel XXI secolo, complice la sua assoluta affidabilità di funzionamento, immediatezza e istintività d’uso. Anche sulla vecchia “rivoltella” sono entrati, tra l’altro, in campo materiali sempre più tecnologici, quali il titanio (per i tamburi), la lega leggera di alluminio addizionata con scandio (per i telai) e persino il polimero (per parte del telaio), al fine di contenere il più possibile il peso nel porto dissimulato. Al di là dei materiali ad alta tecnologia, non sono mancate aziende che hanno deciso di inserirsi in questo segmento del mercato proponendo meccaniche alternative (è il caso di Chiappa firearms con il Rhino) o design innovativi (Kimber con il K6S).
Per la difesa personale, il revolver può senz’altro dire la sua. Ma quale? In altre parole: perché preferire un modello piuttosto che un altro? Be’, in questi casi molto dipende dall’impiego che se ne farà: è chiaro che se si appartiene alla ormai esigua schiera dei possessori di un porto d’armi per difesa personale, avrà un senso acquistare un’arma in .38/.357 con canna di 2, massimo 3 pollici, possibilmente con telaio small (sul tipo “J” di Smith & Wesson), magari con telaio in lega leggera a favore della massima portabilità. Nel caso, invece, di un più probabile impiego prevalente nella difesa abitativa, allora le caratteristiche di occultabilità diventano secondarie, a favore magari di una maggior controllabilità e precisione intrinseca. Quindi sì a telai in acciaio di formato medio (sul tipo “K” o “L” di Smith & Wesson) o anche grande (“N” di Smith), sì alle canne un pochino più lunghe, anche se nell’ottica di un impiego difensivo sarebbe comunque opportuno non eccedere oltre i 4 pollici, per mantenere comunque una buona maneggevolezza (considerando soprattutto che si va comunque a operare in uno spazio confinato, cioè la propria casa, che magari non ha le stanze della reggia di Versailles, sia detto senza offesa per nessuno). Un telaio meno compatto comporta anche la possibilità di disporre di uno, o magari due, colpi in più rispetto ai revolver tascabili: Smith e Ruger small portano 5 colpi, laddove invece un 686 “Plus” o il nuovo Gp100 7 shots arrivano a 7 colpi e le più moderne interpretazioni del modello 27 su telaio “N” o il Ruger Redhawk possono arrivare anche a 8 colpi calibro .357 magnum.
Con un revolver per la difesa abitativa non si va a tirare alle Silhouette a 50 metri. Anzi, le distanze di ingaggio è difficile che superino i 5 metri. Se si riesce a trovare sul mercato dell’usato un buon 4 pollici in .38 special, si può avere un’arma di eccellente idoneità allo scopo e grande efficacia, selezionando opportunamente il munizionamento tra le miriadi disponibili in questo calibro, con una spesa decisamente contenuta. Per chi preferisce il “nuovo”, senz’altro la scelta più naturale è un revolver in .357 magnum, che può utilizzare dalle tranquille e fiacche (ma ancora efficaci nella difesa personale, con il plus non indifferente della bassa rumorosità) .38 special wad cutter ai più rabbiosi caricamenti specifici .357 magnum (occhio, però, a decibel e vampa in ambiente chiuso). È opportuno sottolineare anche che un calibro robustamente energetico come il .357 può comportare effetti collaterali nel tiro al chiuso, in virtù dell’importante onda di bocca. Da non sottovalutare, se si è in cerca di soluzioni che consentano di modulare la risposta in funzione della gravità della minaccia, armi multicalibro come lo Smith & Wesson Governor o il Taurus Judge, che consentono di utilizzare sia il calibro 36 a pallini, sia il .45 Colt, sia persino il .45 acp: un paio di 36 con piombo 4 possono essere una buona soluzione a bassa letalità, ai quali possono seguire 4 cartucce .45 acp tradizionali con palla in piombo. In linea di principio meglio privilegiare caricamenti in piombo nudo o comunque non blindati (che non sono affatto vietati, diversamente da quanto molti ritengono, vedi Armi e Tiro febbraio 2019), capaci di una maggior cessione energetica sul bersaglio e meno propensi al rimbalzo rispetto al caricamento Fmj.
L’articolo completo su Armi e Tiro di luglio 2019.