Come è noto, la Regione Abruzzo ha varato il piano di abbattimento per i cervi in due aree della provincia dell’Aquila. Ormai il mal costume turistico, e degli abitanti di certi paesi, li hanno ridotti a una sottospecie domestica e penosa, cosa che ben presto porterà altri problemi di incidenti, di malattie per troppa promiscuità e per indebolimento della specie alimentata ormai in maniera umana, o meglio dire “disumana”. La Regione, nel redigere il piano, ha voluto fare le cose in grande pensando che magari gli Atc potessero diventare ricchi con i soldi dei cacciatori. Quei cacciatori che inizialmente, secondo le proteste del Wwf, sarebbero stati una lobby potentissima alla quale la pubblica amministrazione si sarebbe piegata, mentre nelle più recenti dichiarazioni dell’associazione ambientalista sono assurti al rango di “poche decine”. Vabbé.
Sempre il Wwf si è accorto che i soldi da versare per gli abbattimenti andranno agli Atc. Grande scoperta. Avviene da decenni in tutti gli Atc d’Italia. Anche loro tra personale, ispezioni per i danni da fauna, impiegati, amministratori, luce, telefono, affitto dei locali, ripopolamenti, tecnici faunistici e agronomi, corsi di abilitazione e tante altre cose, spendono. Proprio come il Wwf che dal proprio bilancio di più di 20 milioni di euro, da loro dichiarati nel 2023, ne destinano alla protezione tanto sbandierata della fauna solo 1 milione e 700 mila euro. Per dire. Se non altro, gli Atc non hanno nemmeno la voce del 5×1000 dai contribuenti… Tornando ai cervi abruzzesi, sembra che l’Atc voglia diventare un’agenzia venatoria in piena regola: Infatti mentre in molte regioni, per un abbattimento di pagano 2-4 euro al kg, in altri nulla, in altri solo qualcosa per capi portatori di trofei importanti, qui i prezzi sono meno “popolari”. Innanzitutto per avere assegnato un capo bisogna entrare in graduatoria di anzianità, meriti, residenza eccetera. Bisognerà versare subito il 30% del valore del capo assegnato, che ancora non si è nemmeno visto, e la cifra, in caso di mancato abbattimento, non sarà rimborsata. I prezzi, come dicevamo, sono gli stessi come se si andasse a caccia all’estero: 50 euro un piccolo, 100 euro per femmine giovani e adulte, 150 maschi giovani fusoni, 200 euro per un maschio subadulto e 250 per un adulto. Se si abbatte un maschio, definito molto vagamente da trofeo, si va addirittura in commissione per la valutazione e relativo pagamento. Ma la perla viene per i cacciatori iscritti allo stesso Atc ma non residenti in Abruzzo: le cifre passano rispettivamente a 200 per piccolo, 250 femmine, 350 fusoni, 450 subadulti e 600 euro per adulti. Per trofei oltre la media, sempre valutazione in commissione, naturalmente minimo raddoppiata.
Vorremmo far notare che tali cifre sono paragonabili a quelle delle cacce nei Paesi vicini all’Italia, però servizi compresi, trasporto delle spoglie, pulizia, preparazione del trofeo, documenti di esportazione eccetera, senza pagare le quote Atc, fare i censimenti, i relativi corsi, esami e pagare tutte le spese di tasca propria. Saranno in tanti ad accorrere alla chiamata? O si continuerà a vederne i palchi appesi in tanti alberghi, hotel, locali pubblici, tutti sempre morti per incidenti “stradali”? Dei quali il Wwf non si è mai accorto?
Aggiungiamo altre perle del regolamento, tipo quello dell’obbligo dell’uso di palle atossiche per il cervo. Quando leggiamo sempre sul disciplinare del cinghiale che ancora si può usare la canna liscia con palle in piombo. Per quanto riguarda sempre i lamenti animalisti, sulla possibilità e lo “scempio” dell’abbattimento anche di piccoli, magari se dessero un occhiata a quello che dice proprio l’Ispra sarebbe per loro un buon salto di qualità. Ovvero che ovunque, i piani di abbattimento si programmano per classi di età: tot piccoli, tot femmine e tot maschi da abbattere. Al contrario di come si fa con gli allevamenti. Dove si abbattono sempre i vitelli, i maiali giovani e gli agnelli.