Lo scorso 5 novembre, l’industria italiana del cinema e della televisione ha rischiato la paralisi: motivo? È scaduto il termine di un anno, previsto dall’ormai famigerato decreto 121 del 2013, entro il quale i professionisti abilitati a fornire le armi di uso scenico al cinema avrebbero dovuto obbligatoriamente modificare le armi in loro dotazione secondo le prescrizioni imposte dal ministero con una circolare del 2011, e sottoporle a verifica da parte del Banco di prova di Gardone Val Trompia (Bs). Il punto è che, come ha spiegato l’associazione Anica che rappresenta l’industria dell’audiovisivo, l’adeguamento tecnico ai dettami del ministero è stato ritenuto dai consulenti tecnici come “fuori dal campo del realizzabile”. Di conseguenza non si è finora riusciti a trovare un artigiano in grado di eseguire le modifiche (che, ricordiamo, per le armi da guerra sceniche richiederebbero la licenza ex art. 28 Tulps e non quella ex art. 31). Allo scadere dell’anno previsto dalle disposizioni transitorie del decreto 121, quindi, tutte le aziende occupate nella fornitura di questi strumenti hanno dovuto ritirare tutte le armi per uso scenico. Per fortuna, il governo ha approvato lo scorso 10 novembre un decreto che estende al 31 dicembre 2015 il termine di adeguamento, sbloccando provvisoriamente la situazione. Ma se non si risolve il problema alla radice, il prossimo novembre ci si ritroverà punto e a capo.
Insomma, da un lato il decreto 121 ha fornito una disciplina assolutamente cervellotica e, di fatto, inapplicabile ai serbatoi per le armi comuni da sparo; dall’altro, ha virtualmente avviato sul viale del tramonto l’industria televisiva e cinematografica italiana, facendole perdere competitività rispetto alle produzioni estere (che sull’argomento “armi sceniche” sono un tantino più pragmatiche, senza che per questo si verifichino sfracelli).
Ora, la domanda che si pone è: per quanto tempo ancora, Governo e Parlamento daranno retta alle idiozie partorite dal ministero dell’Interno? Non sarebbe ora di dire basta, all’accettazione supina e acritica di provvedimenti semplicemente demenziali, emanati nel nome di un ordine pubblico che non è minimamente intaccato?