Sergio Berlato, in qualità di presidente dell’Associazione per la difesa e la promozione della Cultura rurale, loda le iniziative dei cacciatori contro il Coronavirus e attacca il mondo animal-ambientalista
Sergio Berlato, parlamentare europeo con Fratelli d’Italia, loda le iniziative del mondo venatorio, e più in generale di tutte quelle categoria come agricoltori allevatori e pescatori che hanno a cuore la ruralità nel suo complesso, messe in campo con atti concreti nella lotta al Coronavirus e stigmatizza l’atteggiamento del mondo animalisti e ambientalista che, al contrario, non ha mosso un dito in questa drammatica emergenza che coinvolge tutto il Paese.
“Abbiamo più volte evidenziato l’abissale differenza che esiste tra noi, portatori della Cultura rurale, e i rappresentanti del variegato arcipelago animal ambientalista, dal punto di vista numerico, economico, occupazionale, sociale e culturale. Un’ennesima dimostrazione la possiamo riscontrare in questi momenti drammatici legati alla diffusione del Coronavirus: mentre i rappresentanti delle varie associazioni portatrici della Cultura rurale si stanno prodigando in meritorie iniziative per raccogliere fondi da devolvere agli enti preposti alla salute pubblica e ai vari servizi di pubblica utilità, le associazioni animal ambientaliste chiedono soldi allo Stato per mantenere in ottima salute le proprie organizzazioni.
Cacciatori, pescatori, agricoltori, allevatori e molti altri rappresentanti della Cultura rurale hanno già donato e continuano a donare, in base alle proprie disponibilità, quantità considerevoli di risorse finanziarie per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale da donare al personale medico ospedaliero ed extraospedaliero, alle forze di polizia, a chiunque eserciti funzioni di pubblica utilità, devolvendo le somme rimanenti agli ospedali in difficoltà. Non abbiamo ancora avuto notizia, a oggi, di iniziative altrettanto lodevoli da parte di qualche organizzazione animal ambientalista. Eppure abbiamo tutti consapevolezza degli svariati milioni di euro che tali organizzazioni introitano ogni anno, sia come finanziamenti pubblici sia tramite la destinazione del cinque per mille dell’Irpef. Abbiamo letto di scandali che hanno travolto alcune di queste organizzazioni che parrebbero aver utilizzato gran parte dei propri introiti non certo a favore del benessere degli animali o per azioni di pubblica utilità, ma per spregiudicate azioni di speculazione finanziaria in riva al mar Rosso, sull’isola di Malta oppure in sperduti paradisi fiscali.
Mentre il nostro Paese è martoriato da un’epidemia che sta decimando una parte della nostra popolazione, soprattutto la più anziana e quella affetta da gravi patologie pregresse, le organizzazioni animal ambientaliste non trovano di meglio che chiedere soldi all’ente pubblico anziché mettere a disposizione una parte delle proprie ricchezze accumulate negli anni. Ci auguriamo che una volta passata l’emergenza Coronavirus, perché prima o poi passerà anche questa emergenza, gli enti pubblici e la pubblica opinione tengano conto del lodevole comportamento dimostrato, ancora una volta, dai portatori della Cultura rurale, ma anche di quella vergognosamente dimostrata, ancora una volta, dai rappresentanti del frastagliato arcipelago animal ambientalista”.