Un agente della polizia locale ha cercato di fermare due ladri che, dopo aver rubato un motorino in un quartiere residenziale di Genova, stavano tentando la fuga a piedi. Per fermare la loro fuga, l’agente ha esploso tre colpi di pistola in aria: la procura ha aperto un’inchiesta e si è, come di consueto, scatenato immediato il dibattito, specialmente sui social, tra coloro i quali considerano non solo congrua, ma anche doverosa l’azione dell’appartenente alla polizia locale, chi invece sottolinea i rischi elevati per la sicurezza nello sparare con armi da fuoco in città.
La verità, come al solito, probabilmente sta nel mezzo ma, soprattutto, evidenzia un problema che va oltre il caso specifico ed è, per così dire, “sistemico”.
È un dato di fatto che uno dei compiti istituzionali delle forze dell’ordine sia il contrasto alla criminalità, il che significa in particolare identificare e arrestare gli autori dei reati. Un altro dato di fatto è che tra i reati che vengono definiti di “microcriminalità” figura senz’altro al primo posto il furto che, però, tanto “micro” poi non è perché contribuisce in modo determinante a creare quella situazione di insicurezza “percepita” che rappresenta poi il nucleo della buona riuscita, o del fallimento, dell’azione politica delle autorità cittadine (sindaco in primis).
D’altro canto è altrettanto vero che l’uso dell’arma da fuoco viene riservato (giustamente) a una serie di circostanze molto specifiche, nelle quali l’appartenente alle forze dell’ordine si trova in una situazione concreta di immediato pericolo per la propria incolumità o per l’incolumità di altre persone, oppure si trova a dover “respingere una violenza o vincere una resistenza” o impedire il perpetrarsi di reati di estrema gravità (quelli contemplati, appunto, dall’articolo 53 del codice penale, che prevede la fattispecie dell’uso legittimo delle armi). Circostanze tra le quali, ovviamente, non figura il furto. Quindi? Il paradosso (ma neanche tanto paradosso) è che adesso l’operatore possa vedersi contestare il reato di accensioni o esplosioni pericolose. Perché altrettanto vero è che l’uso dell’arma per “sparare in aria”, in un contesto urbano a elevata densità abitativa (quale è una città capoluogo di provincia e di regione), costituisce esso stesso un pericolo concreto per i cittadini: le leggi della fisica ci insegnano che tutto quello che “va su” prima o poi “torna giù” e un proiettile di pistola, nel tratto discendente finale della propria parabola, ha ancora sufficiente forza vulnerante da provocare gravi lesioni e persino la morte. Per non pensare all’eventualità in cui il proiettile, addirittura, possa entrare in qualche finestra o balcone già nel tratto iniziale della parabola…
La soluzione quindi quale potrebbe essere? In altre parole: come si arresta, oggi, in Italia, un ladro che fugge? Non è facile dare una risposta a questa domanda: da un certo punto di vista, è ovvio che prevedere, accanto all’arma da fuoco, anche la disponibilità di ulteriori strumenti in grado di modulare efficacemente la risposta in funzione della minaccia, è un grosso passo in avanti. Di recente la Regione Liguria ha in effetti autorizzato la distribuzione di strumenti di autodifesa non letali per le polizie locali, tra le quali figurano lo spray al peperoncino e “implicitamente” (perché non menzionato in chiaro) anche il Taser. Il quale, tuttavia, è ben difficile che possa essere autorizzato nell’uso per fermare un ladro in fuga! Questo, almeno, non è contemplato per quanto riguarda le forze dell’ordine nazionali, che attualmente l’hanno in distribuzione. Una delle soluzioni tecnicamente più idonee, al momento, potrebbero essere gli strumenti di contenimento come il Bola wrap (strumento per il quale, infatti, il comune di Genova ha avviato un processo di sperimentazione con la polizia locale proprio l’anno scorso).
Di certo c’è che casi e situazioni come questa evidenziano come il processo di ammodernamento delle dotazioni delle forze di polizia (locali e nazionali) debba prevedere una certa flessibilità per adeguarsi non solo ai tempi e all’attuale normativa, ma anche al perfezionamento degli strumenti tecnici disponibili. Così come devono, necessariamente, adeguarsi anche le procedure di addestramento degli operatori, tenendo conto del fatto che i tempi nei quali era consentito (o tollerato) sparare in aria a “scopo intimidatorio” sembrano essere definitivamente tramontati.