Una notizia circolata nel 2016 viene recentemente “rilanciata” da una agenzia tedesca e ripresa da una testata economica italiana: H&K venderà armi solo a Paesi "verdi". Occorre, però, capire i retroscena…
A Marzo 2016 compare nel bilancio annuale della Heckler & Koch Ag, precisamente a pagina 3, una importante dichiarazione ufficiale che però, passa inosservata o quasi: "In allineamento con i “Principi del Governo federale tedesco regolanti l’esportazione di armi e armamenti leggeri e inerenti munizionamenti e corrispettivi equipaggiamenti a paesi terzi”, 18 marzo 2015 (Principi sulle armi leggere), i direttori esecutivi hanno focalizzato la strategia di vendita della HK sulle cosiddette “nazioni verdi” (Green countries nel testo N.d.r.). A questo scopo, le “nazioni verdi” sono definite da una classificazione aziendale interna basata su 3 criteri disponibili pubblicamente: 1) Transparency international’s corruption perception index; 2) appartenenza alla Nato o a un paese Nato-equivalente (Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Svizzera, e 3) l’Economist intelligence unit’s democracy index. Di conseguenza la maggioranza degli stati Europei Nato e Nato-equivalenti sono “nazioni verdi”. Posto che sono pendenti ordini con valide ed adeguate licenze, le rimanenze contrattuali di altri paesi verranno esaudite ma non prenderemo parte a nuovi tender in “nazioni – non – verdi”.
Il 28 novembre 2016 l’agenzia di stampa tedesca Dpa lancia una notizia, prontamente ripresa dalla prestigiosa Reuters, che dice: "La Heckler & Koch non firmerà più contratti a nazioni al di fuori dell’influenza Nato perché risulta troppo difficoltoso ottenere l’approvazione del governo per questi contratti". Fonti: la Dpa cita un “anonimo” e sedicente manager dell’azienda tedesca, quindi non è una presse release ufficiale dell’azienda. Prima osservazione: la formula del “sussurro” che diventa una dichiarazione e, comunque, notizia. Tanto più credibile in quanto propalata da agenzie indipendenti e accreditate per serietà. Le dichiarazioni continuano poi così: "Vogliamo consegnare solo a Paesi solidi – si intende inequivocabilmente democratici, decisamente non corrotti e in ambito Nato o vicino alla Nato. Aggiunge ancora: Tali Paesi sono adesso considerati “verdi”, mentre altri, incluso Arabia Saudita, Messico, Turchia (e sfugge al “manager” che la Turchia fa parte della Nato…) e India sarebbero “gialli” e quindi tabù".
Ma…l’aggiunta delle sopra elencate nazioni “tabù”, da dove origina? Dalle parole del manager o da una lettura approfondita degli indici numero 1 e 3 (presenti nella relazione ufficiale della HK) e approfonditi dalla testata? Si tratta di semplici speculazioni.
Breve excursus: In merito al livello di corruzione e secondo il “Transparency international’s corruption perception index”, l’Italia dove si piazza? La curiosità è lecita: nel 2016 è al 40° posto su 176 nazioni, virtuosa la Danimarca al primo posto e fanalino di coda la Somalia. Tanto per rassicurarci un po’.
Il 31 agosto scorso, la testata “Deutsche welle” rilancia la notizia sottolineando il fatto che si tratterebbe della prima azienda del settore ad annunciare, se pur sommessamente, un nuovo indirizzo “etico” nel commercio degli armamenti. Non solo, Deutsche welle afferma anche di aver ricevuto una mail da un portavoce dell’azienda che ribadiva: "La Heckler & Koch ha scelto una nuova strategia nella primavera 2016. Come conseguenza, ci siamo ritirati dalle regioni di crisi nel mondo". Sempre Deutsche welle nell’articolo, allarga ulteriormente l’elenco delle nazioni “tabù”: Arabia saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Oman, Turchia e le nazioni africane…
L’eco mediatica di queste dichiarazioni d’intenti, è stata amplificata anche dal fatto che a metà agosto all’assemblea annuale degli azionisti HK, si sono presentati alcuni attivisti disarmisti che, avendo paradossalmente acquistato alcune azioni dell’HK, hanno potuto legalmente partecipare all’assemblea dove hanno parlato e interrogato ininterrottamente per 70 minuti, il presidente del consiglio di vigilanza della HK John Dieter. Dieter, ha ascoltato e risposto puntualmente al fuoco di fila ribadendo che l’azienda non venderà più armi in zone di conflitto.
Ma…non dovrebbero essere i legittimi governi, casomai, a decidere in base alle proprie politiche nazionali ed estere, verso quali Paesi esportare le armi? O in Germania non funzionava così? Altre considerazioni: era “etico” l’aiuto militare degli Stati Uniti all’Inghilterra nella loro guerra al nazismo? O riprovevole? Ossia: se una nazione viene proditoriamente attaccata da un'altra nazione, diventando automaticamente area di conflitto, non si potrà aiutare la nazione aggredita? I disarmisti europei hanno potuto partecipare all’assemblea di una azienda armiera, opporre le proprie ragioni e ottenere risposte: se proprio parliamo di eticità, li vedremo dunque e prossimamente, presentarsi alle assemblee presiedute da Kim Jong-un e Ali Khamenei.
A questo punto, la Heckler & Koch appare ancora più attenta e corretta, del governo stesso. Qualsiasi politica di eticità, comunque, è sempre benvenuta e non solo ovviamente, nel settore degli armamenti.