Secondo il Tar della Lombardia, la prefettura agì legittimamente quando tolse le armi a Francesco Sicignano, due giorni dopo l’uccisione del ladro che era penetrato in casa sua. Però…
Il Tar della Lombardia ha confermato la legittimità della decisione da parte della prefettura che, due giorni dopo l’uccisione da parte di Francesco Sicignano del ladro che si era introdotto in casa sua a Vaprio d’Adda, aveva disposto il ritiro delle armi e del porto d’armi. I giudici hanno però chiarito nella propria decisione, che la loro valutazione non ha un significato assoluto, bensì riferito “alla situazione di fatto e del quadro normativo di riferimento esistenti al tempo di emanazione del provvedimento”. In altre parole: quando la prefettura decise di ritirare le armi a Sicignano, il pensionato non era ancora stato prosciolto dalle accuse in quanto ancora non era stata appurata la scriminante della legittima difesa. Quindi, in quel momento, la decisione della prefettura era corretta. Ciò, però, non impedisce oggi a Sicignano di chiedere nuovamente il rilascio del porto d’armi, atteso il fatto che il procedimento penale che lo vedeva indagato, è stato archiviato.
Il Tar ha invece accolto il ricorso da parte del figlio, il quale era risultato destinatario di un analogo provvedimento interdittivo da parte della prefettura sulla base del fatto che era ritenuto “convivente” con il padre. I giudici hanno ritenuto che il figlio, abitando al piano di sopra della villetta, risieda in una “distinta unità abitativa” e che, di conseguenza, non fosse giustificato il provvedimento adottato.