Secondo una ricerca dell’università di Urbino, presentata da Marco Cioppi nel febbraio 2015, il giro di affari complessivo che ruota intorno al settore armiero rappresenta 7,9 miliardi di euro l’anno, lo 0,51% del Prodotto interno lordo. Il valore del settore è di 755 milioni di euro, l’effetto indotto è 630 milioni, il valore dei settori collegati è 3,8 miliardi, l’effetto indotto di questi è 2,6 miliardi. Sono circa 94 mila gli occupati, 11.358 quelli “diretti”. Le aziende sono 2.200.
L’Italia si conferma al primo posto in Europa come produzione di armi sportivo-venatorie, con una copertura di circa il 60% dell’intera offerta comunitaria, e un totale di quasi 750 mila unità. La percentuale rispetto all’Europa arriva al 70% se si considerano solo le armi lunghe da caccia e tiro, cresciute in volume del 9,08% dal 2012 al 2014, arrivando a circa 440 mila unità. Nel medesimo periodo la produzione di repliche e avancarica è cresciuta del 17,87%, mentre è diminuita quella di armi corte, dell’11,41%, che rappresenta, tuttavia, il settore più soggetto alla variabilità delle grandi commesse dei corpi di polizia.
L’Italia è inoltre il più importante paese esportatore nel mondo di armi sportive, commerciali e munizioni, in particolare negli Stati Uniti (45%), con un export che rappresenta l’89,9% della produzione, mentre la percentuale media di esportazioni dei principali settori manifatturieri italiani è 39,6%. Tra il 2012 e il 2014 sono cresciute tutte le voci delle esportazioni: +20% per le armi lunghe, +13,95% per armi corte, +20,24% per munizioni e +65% per polveri.