Un amministratore di solida esperienza, si candida alla regione Lombardia con il Centro-Destra. E non ha pregiudizi su armi e caccia
Giovanni De Nicola, noto anche come Gianfranco, 68 anni, è stato consigliere comunale a Milano e assessore alle infrastrutture e ai trasporti della provincia di Milano. È candidato al consiglio regionale della Lombardia nella lista civica di Attilio Fontana alle elezioni del 4 marzo. «Sogno di costruire una comunità politico-sociale, mettendo insieme tutti i pezzi del Centro-Destra che cercano un luogo politico dove ritrovarsi. Occorre uscire dalla logica che certi argomenti siano patrimonio solo della sinistra, per esempio in fatto di ambiente. Mi sono sempre occupato di trasporto e mobilità e conto di continuare il lavoro fatto in provincia, mettendo a frutto le mie competenze specifiche».
Ecco, la provincia. In Lombardia, per esempio, le competenze in materia di caccia sono state trasferite in parte alla città metropolitana, in parte alla regione…
«Se si ripristinassero la rappresentanza democratica e le risorse nella provincia, sarebbe opportuno che tutto il settore venisse concentrato in un unico ente e preferirei che fosse l’ente città metropolitana. Ma la città metropolitana non ha né risorse né uomini e, in un futuro più serio, secondo me un ente territoriale più vicino ai bisogni del territorio potrebbe garantire maggiore attenzione e soddisfazione per l’ambiente e i praticanti. L’ambiente sarebbe più monitorato, assistito e curato».
La Lombardia è una regione importante, dove i cittadini hanno votato per l’autonomia…
«Dobbiamo rendere operativa la volontà dei cittadini per l’autonomia, che significa semplificare e sburocratizzare, ma anche godere di quelle risorse finanziarie, prodotte qui, e che il governo centrale amministra malamente».
Cosa pensa di debba migliorare per una maggiore sicurezza dei cittadini?
«La regione si occupa in modo mediato di sicurezza. È, comunque, argomento difficile e che a mio modo di vedere non si può considerare disgiunto da questa convivenza obbligata con un numero esagerato di immigrati dei quali non conosciamo spesso né origine, né stato di salute, né rapporto con il crimine. La colpa è di non aver regolato il flusso. Il sindaco attuale di Milano, poi, e molti deputati sei mesi fa hanno fatto una manifestazione per l’accoglienza lanciando un invito qui a tutti gli immigrati. Una provocazione irresponsabile. E così siamo costretti a esistenze blindate, rinunciando ad ambiti di vita serena: anche al duomo bisogna fare la fila e passare i metal-detector. Non ho nulla contro gli immigrati dal punto di vista razziale, ma anche la regione dovrà adoperarsi per respingere».
Parliamo allora di legittimo uso delle armi.
«Non ho nulla contro il possesso di un’arma, ritengo che solo chi è in malafede e con pregiudizio lo attacca, perché un mattarello da cucina è arma che può uccidere, in ogni casa c’è un mattarello o un ferro da stiro. Smettiamola con la persecuzione dei cittadini armati, e consideriamo la sacralità della casa e del luogo di lavoro. Chi entra deve sapere che può anche uscire “a piedi avanti”. Smettiamola con lo stillicidio che uno sventurato che difende i suoi beni costruiti in una vita di sacrifici, sia gioielliere o benzinaio, debba essere messo in croce dalla giustizia, se si difende. Uno dei patti che stanno alla base della società è quello della sicurezza cui dovrebbe provvedere lo Stato, ma se questo non accade dobbiamo farci ammazzare, depredare o violentare in casa? Non voglio speculare su queste cose perché il mio modello di comportamento è impostato alla logica di fare le cose giuste, opportune, possibili. Ma se nessuno mi difende, meglio che viva io piuttosto che un criminale. Sul rilascio delle licenze, credo che quelle per difesa personale dovrebbero essere concesse sempre con la massima attenzione, ma in numero maggiore rispetto a quello attuale».