Su "La notizia – Il giornale.it" è apparso un articolo a firma di Stefano Sansonetti, che stigmatizza aspramente il fatto che la "lobby delle armi" si sia addirittura permessa di festeggiare i successi olimpici raccolti nelle specialità del tiro grazie (anche) alle armi utilizzate, che sono (fieramente) made in Italy. Nell'articolo ci si scandalizza, ohibò, che i produttori di armi festeggino il successo, perché i produttori di armi non sono "Qualche sponsor tecnico che ha confezionato tute, costumi o scarpe per i nostri medagliati" (ah, no?). Potrebbe anche bastare così, ma l'autore dello sproloquio non vuol farsi mancare niente: "pare di capire che secondo l’Anpam le medaglie del tiro a volo sono merito delle aziende produttrici di armi, iscritte all’associazione confindustriale, e non degli atleti che le hanno usate. Ma va bene, si sa che quando una lobby vuole scendere in campo non usa mezze misure". Per chiudere in bellezza affermando "E vai a sapere se forse è troppo malizioso pensare che il vero interesse non sia tanto condividere la gioia della vittoria olimpica, quanto continuare a fari affari vendendo i propri “infallibili” fucili e cartucce".
A questo punto, la domanda sorge spontanea: quando la Puma o la Nike diffondono uno spot con il campione dei 100 e 200 metri Usain Bolt, lo fanno per pubblicizzare il turismo in Giamaica? O forse per vendere le loro scarpe? E perché allora, se una determinata scarpa può farti andare più veloce, un determinato fucile (o cartuccia) non può aiutarti a vincere una medaglia? Misteri della scienza…
L'unica nota positiva è che, almeno, i lettori che hanno commentato l'articolo non hanno avuto alcuna difficoltà a capire questi concetti elementari! Loro…
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