La tecnologia delle armi da fuoco, in sé e per sé, non è cambiata moltissimo negli ultimi 100 anni e, in particolare, la tecnologia delle canne è rimasta pressoché immutata dalle origini della retrocarica a bossolo metallico. È normale ritenere che la canna rigata di una pistola o di una carabina abbia l’anima, oltre che (appunto) rigata, anche dello stesso diametro interno per tutta la lunghezza. Sono più che altro i fucili a canna liscia, eventualmente, ad avere l’ultimo tratto di canna “strozzato”, ovvero di diametro leggermente inferiore (pochi decimi di millimetro, al massimo un millimetro), principalmente per garantire una miglior densità della rosata dei pallini. In realtà, in un preciso momento storico, ci fu anche chi sperimentò e produsse armi a canna rigata, nelle quali la canna stessa aveva diametro interno decrescente verso la volata, in modo tale da ridurre il diametro del proiettile, addirittura, del 30 per cento circa.
Da Puff a Gerlich
Il principio della canna rastremata fu brevettato nel 1903 dal tedesco Karl Puff, ma in realtà fu un altro tedesco, Hermann Gerlich, ad avviare un lungo processo di sperimentazione a partire dagli anni immediatamente successivi la prima guerra mondiale, fino alla fine degli anni Trenta. In pratica l’idea era quella di conferire all’anima della canna una conicità costante, o quasi, in modo che il proiettile potesse “strizzarsi” procedendo verso la volata e acquisendo, così, una velocità elevatissima. Per fare ciò, il proiettile non poteva avere una costruzione convenzionale, bensì era realizzato con un corpo fortemente sottocalibrato e due “gonne” o flange coniche realizzate in materiale relativamente duttile (come ferro dolce o alluminio, anche ottone) che potesse trafilarsi nella canna. L’impiego principale di questo progetto era prettamente anticarro, ma occorre ricordare che all’epoca vigeva ancora il concetto secondo il quale una squadra anticarro potesse o dovesse essere equipaggiata con speciali fucili (quindi armi portatili), per garantire una buona mobilità sul campo di battaglia. Per questo motivo, negli anni furono sperimentati svariati calibri, dal 15 mm (che veniva ristretto a 9 mm) fino addirittura al 7 mm, con velocità di 1.800 metri al secondo. La sperimentazione non fu effettuata solo in Germania, ma anche negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e non solo prettamente per scopi militari, ma anche per impiego venatorio.
Lo sbocco produttivo in serie avvenne nel periodo immediatamente precedente la seconda guerra mondiale, con un cannoncino leggero del calibro “iniziale” di 28 mm, che veniva “strizzato” a 20 mm. Il proiettile aveva nucleo perforante in tungsteno. L’arma fu adottata dall’esercito tedesco nel 1941 con la denominazione di Spzb 41 (Schwere panzerbuchse, cioè in pratica “fucile pesante anticarro”) con affusto ruotato munito di scudo protettivo per i serventi, e in versione alleggerita per i paracadutisti. L’arma fu prodotta in poco più di duemila esemplari, il suo impiego fu tuttavia molto presto viziato dal fatto che le caratteristiche dei carri armati nemici rendevano pressoché inefficace questo calibro e che il tungsteno necessario ai nuclei perforanti era materiale strategico di difficile approvvigionamento per la Germania in guerra. La produzione fu, pertanto, sospesa nel 1943. Sempre nel 1941, i tedeschi realizzarono un cannone anticarro da 75 mm con il principio Gerlich (seppur con modifiche sul profilo interno della canna), il 7,5 cm Pak 41, ma la scarsità di tungsteno limitò a soli circa 150 esemplari la produzione.
Il sistema “Little John”
Oltre a Gerlich, fu anche un cecoslovacco, negli anni Trenta, a condurre esperimenti con la canna rastremata e munizionamento speciale: parliamo di Frantisek Janecek, prolifico inventore sia nel settore delle armi sia delle motociclette. Il principio di Janecek (o Janacek) prevedeva tuttavia uno strozzatore conico avvitato sulla volata di una canna convenzionale, e il proiettile, al posto di due flange coniche, aveva una o due “ciambelle” in materiale duttile, cave internamente, sempre per il forzamento nella strozzatura. Con l’invasione tedesca della Cecoslovacchia, il figlio dell’inventore, Frantisek Karel Janecek, portò il progetto in Gran Bretagna, dove non ebbe impiego con le armi portatili, ma fu invece utilizzato nel corso del secondo conflitto mondiale per aumentare l’efficacia (e prolungare, quindi, la vita operativa) dei cannoncini da due libbre (40 mm) che equipaggiavano autoblindo e carri leggeri del Commonwealth. Il sistema fu denominato “Little John”, traduzione inglese di “Janacek”. L’arma veniva facilmente modificata filettando la volata e installando lo strozzatore, e sparando ovviamente le specifiche munizioni, sempre con nucleo in tungsteno. Il sistema fu sperimentato anche su calibri superiori (come il 6 pdr) e dagli statunitensi per il cannoncino da 37 mm M6, ma non si andò oltre la fase valutativa. Alla fine, comunque, il sistema della canna rastremata (sistema Gerlich o Janecek indifferentemente), oltre alle complicazioni costruttive e alla rapida usura delle canne, divenne obsoleto da un lato con lo sviluppo dei proiettili esplosivi a carica cava e dall’altro con lo sviluppo dei proiettili sottocalibrati ad abbandono di involucro, che sono quelli ancor oggi utilizzati nei moderni carri da battaglia.