Secondo Italfor, la task force logistica italiana che gestisce l’enorme operazione “Itaca 2” per il rimpatrio di materiali dall’Afghanistan, le nostre Forze armate hanno appena finito di rimpatriare l’11° chilometro della “fila ideale” di container contenenti mezzi, attrezzature, sistemi d’arma utilizzati durante la missione italiana. Un metodo di misurazione convenzionale che può essere anche tradotto con la cifra di 11.000 tonnellate di materiali già riportati a casa. Attualmente mancano ancora 4 km di container, cioè 4.000 tonnellate, ma di questi la permanenza verrà decisa solo in base alla firma degli accordi bilaterali per la nuova fase di Isaf, che, dal 2015, si dovrebbe trasformare in “Resultsupport”.
La missione internazionale, iniziata ormai quasi 13 anni fa, volge al termine e, mentre le forze afghane, ormai sufficientemente preparate, prendono in mano il destino del loro paese, il Regional command West cambia nome, preparandosi a quelle che saranno le sue nuove funzioni unicamente volte all’addestramento e alla mentorizzazione degli afghani. Tuttavia, sotto il cielo crepuscolare della missione, un’enorme operazione si sta svolgendo, in laborioso silenzio, fin dall’ottobre 2012. Itaca 2 è la più grande manovra di rimpatrio di materiali dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. Uno sforzo colossale per il nostro Paese, dal punto di vista logistico. Il nome riprende quello dell’analoga, precedente, missione in Iraq, ma i numeri sono nettamente superiori.
Nella prima fase di Itaca 2, si è provveduto allo smantellamento e al ripiegamento delle basi disseminate nel Regional command West (l’area occidentale dell’Afghanistan sottoposta a controllo italiano). Tutti i materiali sono stati fatti convergere presso la base di Camp Arena, ad Herat, e da qui caricati su giganteschi aerei da trasporto civili per essere inviati, o direttamente in Patria, o verso gli Emirati Arabi, a Dubai. Qui vengono scaricati, trasportati con truck fino al porto e montati nuovamente sulle navi che proseguiranno fino ai porti italiani.
I mezzi aerei impiegati sono veri “mostri” dell’aria: l’Ilyushin Il-76, per esempio, è un quadrigetto da trasporto strategico sviluppato in Unione sovietica tra i tardi anni Sessanta ed i primi anni Settanta. Lungo 46 metri e alto 14, può trasportare quasi 50 tonnellate. Di poco più grande, il Boeing C 17 americano, con i suoi 76 metri di lunghezza e 16 di altezza, può caricare fino a 76 tonnellate. L’Italia, a parte i C 130, non possiede grandi velivoli da trasporto: per tale motivo, questi sono stati “noleggiati” da una ditta ucraina.
Tutti i materiali vengono ricondizionati attentamente prima di essere imbarcati e sottoposti ad accurate opere di bonifica nucleare, radiologica e batteriologica. In Italia non deve tornare nulla di nocivo; questa cura scrupolosa la si nota persino nella disinfezione delle scarpe dei soldati che tornano in licenza. Prima di salire le scalette dell’aereo, i militari devono, infatti, immergere le scarpe in un catino contenente liquido disinfettante.
Itaca 2 è a buon diritto l’orgoglio delle Forze armate, poiché è stata realizzata con un’efficienza “teutonica” unita a un senso pratico tutto italiano. Per limitare le spese, la pianificazione è stata realizzata con grandissimo anticipo, secondo le tempistiche dettate dal Comando operativo interforze (Coi). Questo ha consentito di risparmiare ingenti cifre.
L’intera operazione è gestita da Italfor, al comando del colonnello Giuseppe Lucarelli (nella foto sotto). Nato a San Benedetto del Tronto 56 anni fa, Lucarelli ha già compiuto missioni in Bosnia e Libano, ricoprendo incarichi di prestigio sempre nel settore trasporti e materiali. «Il contingente italiano in Afghanistan», spiega il colonnello, «ha due comandanti: uno operativo, e uno logistico. Italfor è un assetto interforze composto da circa 200 uomini sia dell’Esercito sia dell’Aeronautica, ed è responsabile di tutte le attività riguardanti il personale italiano nella missione Isaf, del supporto tecnico-logistico del teatro operativo, oltre che di tutte le infrastrutture delle basi italiane del Regional Command West».
La base di Camp Arena ha, infatti, le dimensioni di un paese di circa 2.000-2.500 abitanti. Alloggi, elettricità, acqua (nella base persino quella del rubinetto è potabilizzata) servizio mensa, cure mediche e pratiche burocratiche per il personale, tutto viene curato da Italfor. Così come la manutenzione e riparazione dei mezzi e dei sistemi d’arma, la gestione delle comunicazioni, dei voli e delle bonifiche dei materiali. Per quanto riguarda Itaca 2, Italfor si occupa di tutto: dal rimpatrio delle notizie “classificate” (segrete) alla schedatura, inventariazione e rendicontazione di tutto il materiale. Nemmeno un bullone va perduto. L’unica cosa che si lascerà sul campo saranno gli alloggi. Sarebbe infatti più costoso provvedere a smantellarli piuttosto che venderli a qualche acquirente interessato, o magari, a cederli alle forze afghane. (Andrea Cionci)