È stata ripresa da tutti i principali organi di informazione nazionali l’intervista rilasciata qualche giorno fa a Vida nueva da parte del segretario di Stato della Santa sede, cardinale Pietro Parolin. Quest’ultimo, in relazione all’attuale stato di conflitto tra Russia e Ucraina, ha dichiarato che “l’uso delle armi non è mai desiderabile in quanto comporta sempre un rischio molto alto di togliere la vita alle persone o di causare danni materiali”, ma ha anche aggiunto che “il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e la propria patria comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi”. Gli ha fatto eco il docente di teologia morale alla pontificia università lateranense, Mauro Cozzoli, come riportato da Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera: “Una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa, che può indurre anche altre nazioni a sostenere e aiutare la resistenza del popolo aggredito”.
Parolin ha peraltro sottolineato che, comunque, “la ricerca di una soluzione negoziata che metta a tacere le armi e prevenga un’escalation nucleare, resta la priorità”.
Parolin peraltro aveva già espresso concetti di segno analogo nel 2015, in occasione dell’escalation del califfato islamista, affermando che “nel disarmare l’aggressore per proteggere persone e comunità non si tratta di escludere l’extrema ratio della legittima difesa, ma di considerarla tale e soprattutto attuarla solo se è chiaro il risultato che si vuole raggiungere e si hanno effettive probabilità di riuscita”.