Il Tar dell’Umbria si è occupato di una questione piuttosto interessante e inedita, con sentenza n. 203 del 18 aprile 2023: nel 2020, un cittadino ha presentato ricorso perché l’autorità di pubblica sicurezza ha respinto una sua istanza in autotutela, volta a chiedere la restituzione delle armi delle quali era stato disposto quattro anni prima un divieto di detenzione, a causa di una accesa conflittualità per ragioni economiche con i famigliari confinanti. La richiesta di restituzione delle armi era motivata dal fatto che i rapporti con i famigliari si erano ormai normalizzati. I giudici hanno ricordato, nella sentenza, che “L’istanza non è stata accolta, in ragione del fatto che il periodo di tempo trascorso è stato ritenuto troppo esiguo per una positiva valutazione. Sebbene, infatti, non siano risultati episodi ulteriori rispetto a quelli che avevano comportato l’emissione del provvedimento prefettizio – non opposto nei termini e divenuto definitivo – il lasso temporale intercorso dai precedenti fatti (meno di 4 anni all’atto dell’istanza), non è apparso congruo per procedere in autotutela”.
Rispetto al ricorso al Tar da parte del cittadino, il ministero dell’Interno e la prefettura di Perugia si sono costituiti in giudizio, argomentando con una memoria l’infondatezza delle motivazioni addotte dal ricorrente. Tuttavia, prima di giungere all’udienza (tenutasi il 7 marzo 2023), la difesa della parte resistente (cioè ministero e prefettura) ha reso noto che, a seguito di una nuova istanza del cittadino, il divieto di detenzione è stato revocato, determinando così la cessazione della materia del contendere.
Quindi, dalla vicenda si può ricavare che per la prefettura di Perugia evidentemente 4 anni dalla cessazione dello stato di conflittualità sono pochi, mentre 7 sono considerati sufficienti, a patto però che di mezzo ci sia un ricorso al Tar, altrimenti campa cavallo…