L’attuale serie A2, la quale in ambito Steyr rappresenta la terza generazione, si differenzia dalla serie A1 (seconda generazione) per un differente approccio ergonomico dell’impugnatura e alcuni miglioramenti meccanici, tesi ad aumentare ulteriormente l’affidabilità delle pistole austriache.
Connotata da linee moderne, decise e ben riconoscibili, la M9 A2 Mf è una pistola che, grazie al caricatore con capacità pari a 17 cartucce e canna di media lunghezza, rientra a buon titolo tra le “crossover”: segmento a suo tempo rappresentato dalle cosiddette police pistol e, oggi, connotato da armi nate dal connubio tra fusti con impugnature tipiche di pistole full size ma dotate di dimensioni tali da garantire un minimo di discrezione durante il porto occulto dell’arma stessa. Discrezione, non certo altrettanto mostrata dal design della M9: di primo acchito, l’affidabile pistola austriaca attrae l’attenzione per le linee futuristiche, le quali ne determinano una forte personalità. Impossibile sbagliarsi: è una Steyr. Carrello bassissimo, impugnatura ben angolata e dal disegno apparentemente spigoloso, ponticello largo e rail anteriore ben definita, rendono la M9 A2 Mf, una di quelle pistole che non ammettono incertezze: o la si odia per le forme sgarbatamente avveniristiche, o la si ama per la proiezione al futuro che il piccolo concentrato di tecnologia austriaca, è in grado di esprimere. Come la si voglia pensare, non importa, il gusto estetico è personale e, pertanto, del tutto opinabile. Ciò che è certo, viceversa, è la sicurezza, precisione e affidabilità che caratterizzano la M9 A2 Mf.
Tutte qualità derivanti dall’attenta progettazione e massa a punto della piattaforma M9 e determinanti per una pistola nata per impiego difensivo/operativo, che strizza anche l’occhio a un possibile e convincente utilizzo sportivo nelle varie discipline di tiro difensivo.
Meccanicamente, infatti, non ci troviamo al cospetto della consueta “polimerica” con percussore lanciato e scatto in Singola azione come, per esempio, la Beretta Apx, Walther Ppq e Pdp, Heckler & Koch Sfp9, Smith & Wesson M&P eccetera.
Innanzi tutto, la M9 A2 Mf vanta uno scatto in Semi-Doppia azione come la connazionale Glock o la Ceca Cz P10: ovvero, dopo il caricamento, il percussore si pone in uno stato di lieve precarica. Posizione dalla quale, anche se per rottura delle componenti interne dovesse sganciarsi dal proprio dente di ritegno, non avrebbe sufficiente energia per percuotere l’innesco. Il completamento dell’armamento e il successivo sgancio avvengono mediante la trazione, peraltro piuttosto leggera, del grilletto. Tale scatto, definito Reset action system, ha reso superflua l’adozione della sicura contro lo sparo inerziale (sicura al percussore), poiché tale funzione è assolta direttamente dal dente di scatto, il quale trattiene il percussore e ne impedisce l’eventuale avanzamento, in caso di caduta dell’arma.
Il percussore ha molla prigioniera con propria asta guidamolla, ed è visibilmente ispirato a quelli impiegati nelle carabine tattiche e da caccia della storica Casa austriaca. Esternamente è ben lucidato con finitura antifrizione, mentre all’interno del carrello, proprio al fine di eliminare gli eventuali attriti con il canale di passaggio del percussore stesso durante la fase di scatto, è presente anche un cuscinetto, il cui perno passante è visibile sotto la tacca di mira. Tali accorgimenti, hanno eliminato la ruvidità di scatto avvertibile nelle prime M9 dei tardi anni Novanta-inizio 2000, mentre il sistema d’avviso di cartuccia camerata, a pistoncino, simile a quello impiegato nelle Walther P38 a suo tempo adottate anche dall’esercito austriaco, è stato integrato nell’unghia estrattrice, la quale protrude dal profilo del carrello in presenza della cartuccia camerata. Ciò rende avvertibile, al tatto, l’eventuale stato dell’arma ma, visto che “anche l’occhio vuole la sua parte”, nella porzione posteriore superiore della canna, è presente un’ampia feritoia, la quale permette la netta visione del fondello dell’eventuale cartuccia camerata.
In ogni caso, al fine di una verifica puntuale e completa dello stato dell’arma, gli intagli di presa del carrello realizzati anche in posizione anteriore, permettono un maneggio piuttosto agevole dell’arma stessa. Maneggio effettuabile anche con sicura manuale inserita.
La M9 A2 MF, infatti vanta anche presenza della sicura manuale di serie posizionata all’interno del ponticello. Per inserire la sicura è necessario agire sulle due appendici poste sui lati del fusto, abbassandole. Ciò, fa abbassare il pulsante della sicura manuale all’interno del ponticello dell’arma, bloccando il sistema di scatto. Il disinserimento della sicura è del tutto intuitivo e semplice da attuare, poiché prima di giungere con il dito indice sul grilletto, è sufficiente spingere verso l’alto il citato bottone per “disassicurare” la M9 con il dito medesimo. Il tutto, prima di giungere al grilletto, ove è presente la seconda sicura dell’arma, costituita dalla leva interna al grilletto stesso. Tale sicura, impedisce la movimentazione involontaria del grilletto, se non per diretta pressione del dito indice. Rispetto ad analoghe realizzazioni, la sicura al grilletto di Steyr non tende a “pizzicare” il polpastrello, anche in caso di presa “bassa” del grilletto. A coronamento dei dispositivi di sicurezza, la M9 mantiene il congegno di blocco dell’arma, integrato: dietro al chiavistello di smontaggio posto sul lato destro del fusto, si trova la “serratura” da azionare con una delle due apposite chiavi fornite di serie. L’inserimento del blocco, inibisce lo scatto e lo smontaggio dell’arma garantendo, pertanto, l’impossibilità di immediato impiego dell’arma stessa, magari da parte di persone imperite o da parte dei nostri figli. Ciò detto, non si può certo negare che la Steyr M9 A2 Mf dia fin troppe garanzie in merito alla sicurezza complessiva dell’arma, anzi, forse i congegni adottati sono fin troppi se, paragonati a quelli tipici delle armi concorrenti.
Le sorprese del design
Le sorprese non finiscono certo qui e, per lo più, sono ascrivibili al design adottato, figlio di un progetto ben riuscito.
All’interno del fusto polimerico, infatti, troviamo un telaio o chassis in lega leggera con la matricola dell’arma, ancorato al fusto polimerico tramite incastro posteriore e il chiavistello di smontaggio in posizione anteriore.
A dire il vero, Steyr con le L9, M9 e C9 di prima generazione, fu anche una delle prime ad adottare un castello costituito da chassis indipendente dal fusto polimerico, oggi tanto in voga. Lo chassis integra anche le guide di scorrimento del carrello per gran parte della lunghezza ma, in questo caso, i tecnici Steyr hanno proposto qualcosa di nuovo, ovvero guide di scorrimento a sezione triangolare. Tale accorgimento permette, almeno teoricamente, di diminuire le tolleranze tra castello e carrello senza, però, limitare l’affidabilità dell’arma. Sia la molla del caricatore, sia, soprattutto quella di recupero tramite il piano inclinato di chiusura della canna, tendono a “sollevare” l’otturatore rispetto al castello, andando a creare un’assieme costituito da canna, carrello e fusto, piuttosto serrato. Ciò, anche grazie alle guide di scorrimento a “V” del castello, limita significativamente le tolleranza all’atto dello sparo. Lo chassis, inoltre, assorbe pienamente le sollecitazioni meccaniche lasciando, pertanto, all’impugnatura l’unica funzione di accogliere il caricatore bifilare da 17 cartucce e fornire un comodo supporto ergonomico alla mano del tiratore.
Rispetto alle primo modello di M9, nel quale l’impugnatura era piuttosto arrotondata e dotata di vistoso risalto anteriore di tenuta per il dito medio, sulla nuova A2 troviamo, viceversa, un’impugnatura apparentemente squadrata ma estremamente comoda, contraddistinta da ampie superfici antiscivolo che garantiscono la massima aderenza anche in condizioni estreme.
A dire il vero, le superfici antiscivolo coinvolgono anche la parte “alta” del fusto, al fine di agevolare anche la presa della mano debole.
In pratica, le cuspidi con apice arrotondato del back strap, assieme ai pannelli laterali e parte del fusto dotati di finitura ad alta aderenza, permettono una presa estremamente sicura della M9, anche qualora l’impugnatura non sia stata eseguita perfettamente.
Il tale ambito, l’elsa di buone dimensioni agevola la corretta presa dell’arma, guidando l’incavo tra pollice e indice nella perfetta posizione e, complice anche il contenuto spessore dell’impugnatura e la liscia superficie dell’incavo per il dito indice, lievemente abbozzato, garantiscono l’immediato feeling con la pistola austriaca. Anche l’adattabilità alla mano è stata implementata rispetto alle versioni precedenti di M9. Non solo grazie agli ormai classici “dorsalini” intercambiabili, ma anche in virtù dell’adozione dei pannelli laterali sostituibili con altri di differente spessore.
Tutto ciò si propone di offrire al tiratore un’arma estremamente adattabile ma, nello spirito delle prime M9, il tutto è volto a perseguire il fine di ridurre il fenomeno del rilevamento dell’arma grazie all’adozione di un design dell’impugnatura tale da diminuire al massimo l’altezza della mano rispetto all’asse di canna. Tale valore si attesta sotto i 20 mm, analogo a quello di una Glock 17, ma con il vantaggio di un’elsa più pronunciata e, quindi con una miglior propensione dell’arma a essere impugnata correttamente durante la fase di presa dell’arma dalla fondina. Ciò è stato possibile grazie all’adozione di un carrello fortemente ribassato, la cui limitata massa, pari a soli 326 grammi, restituisce reazioni allo sparo piuttosto miti e lineari.
Il carrello otturatore ha intagli di presa anteriori e posteriori per adattarsi alle svariate tecniche di gestione dell’arma, mentre la finestra d’espulsione, lunga 28 mm, garantisce il necessario accesso per il controllo della camera di cartuccia.
La parte anteriore della finestra d’espulsione assolve anche alla funzione di sede di bloccaggio per la chiusura geometrica. La M9 degli anni Novanta, progenitrice della attuale A2, è stata la prima pistola Steyr ad adottare una chiusura geometrica a canna oscillante derivata dal sistema Browning modificato: infatti, la modello 1912 aveva canna roto-traslante mentre la Gb80 si avvaleva di un sofisticato sistema di ritardo d’apertura a freno di gas.
In questo caso, la sicurezza del tiratore è affidata al classico risalto a sezione rettangolare, con superficie di contatto pari a oltre 20 mm quadrati, ricavato in prossimità della camera di cartuccia. La camera di cartuccia ha l’imbocco ben svasato e dotato di ampia rampa d’alimentazione lucidata, lunga ben 8,5 mm. Ciò ha contribuito a garantire il perfetto funzionamento dell’arma con le varie munizioni impiegate.
La nostra prova
In tutto ho esploso, con l’arma in prova, circa 300 cartucce, sfruttando tre caricamenti commerciali e due ricariche.
In ambito commerciale ho impiegato le classiche munizioni Geco Fmj 124 grs, le ramate Sellier & Bellot Rncp 124 grs e le prestanti Fiocchi Black Mamba Jtc 100 grs.
Sul versante ricarica, viceversa, ho optato per due caricamenti agli antipodi in fatto di “potenza”, assemblando una palla Big Bullet Fmj 115 grs spinta da 6,5 grs di N350 e una palla in lega della Italian bullets Tc 124 grs davanti a 4,1 grs di N320.
In principio ho iniziato a prendere dimestichezza col “ferro”, nel tiro di precisione a due mani a una ventina di metri con le Fiocchi, poiché lo specifico caricamento, grazie alla conformazione della veloce palla di 100 grs utilizzata, si è sempre rivelato uno dei più precisi oggi disponibili sul mercato. Pertanto, ho volutamente iniziato con le munizioni italiane proprio al fine di verificare l’azzeramento dei congegni di puntamento, peraltro apparsi correttamente tarati (almeno per il mio occhio) e prendere il giusto feeling con ergonomia e scatto, prima di passare a un tiro rapido a distanze ridotte.
Fin da subito, ho apprezzato il contenuto rilevamento e il modesto rinculo generato dalla M9, la quale ha spiccato anche per stabilità e velocità di riallineamento, anche con la ricarica dotata di palla Fmj 115 grs, con la quale, la M9 ha fornito ottime rosate.
Grazie a queste indispensabili doti, in gran parte dovute all’indovinato angolo dell’impugnatura e al basso asse di canna, ho potuto ingaggiare anche varie sagome poste a 12 metri in tiro rapido, con serie di 10 cartucce.
Come anticipato, con le Black Mamba non è stato difficile stringere la rosata, così come con le Geco mentre, le palle ramate della Sellier & Bellot non hanno trovato “conforto” dalla rigatura tradizionale della canna austriaca. Viceversa, le lente e costanti ricariche con palla in lega, seppur animate da bassa velocità e un power factor pari a 126 e 39 Kgm di energia cinetica, si sono dimostrate accurate e affidabili, non compromettendo, in alcun modo, il corretto funzionamento della M9.
Con la pestifera ricarica dotata di proiettile blindato di 115 grs, capace di sviluppare ben 53 kgm di energia cinetica nella corta canna lunga 4” (102 mm), il rilevamento si è fatto apprezzare ma, anche in tal caso, la particolare conformazione dell’impugnatura, unita all’impiego di un polimero in grado di ammortizzare le sollecitazioni, ha permesso un sufficientemente rapido ritorno in punteria.
Durante la prova non ho avvertito il minimo problema di affidabilità e le mire di serie, di tipo tradizionale, sono apparse ben sfruttabili sia in ambito di tiro di precisione, sia in campo più dinamico/operativo.
Rimangono, quali optional, le mitiche mire triangolari, a suo tempo introdotte con le prime M9, di cui apprezzai le grandi potenzialità in ambito operativo ma delle quali non ho avvertito la mancanza.
Sparare con la M9 A2 Mf è un piacere. A partire dello scatto sicuro, controllabile e pulito, per passare alle mire adeguate, senza trascurare l’ergonomia convincente, tutto è stato studiato per agevolare il tiratore/operatore, il quale troverà nella pistola Steyr soluzioni avanzate, tra cui anche la sicura manuale, non riscontrabili su altre armi simili.
Da sempre, Steyr è sinonimo proprio di precisione, solidità e affidabilità del prodotto ma, purtroppo, nel segmento delle armi corte polimeriche dotate di percussore lanciato, la M9 A2 Mf sconta una certa e ingiustificata diffidenza derivata da soluzioni tecniche probabilmente troppo avanzate per essere apprezzate a pieno.
inoltre, anche l’elevata cura nella produzione ha portato a un costo superiore rispetto alle concorrenti mentre, sul fronte dei prodotti aftermarket, Steyr paga lo scotto di una minore offerta di accessori disponibili rispetto alla connazionale Glock e, forse proprio questi aspetti, ne hanno limitato la diffusione.
In ogni caso, analizzando oggettivamente le soluzioni tecniche ed ergonomiche adottate, la bontà delle lavorazioni eseguite e la qualità dei materiali impiegati, non mi sento di esagerare nel considerare la nuova Steyr M9 A2 Mf l’unica, vera e credibile alternativa alle pistole “crossover” Glock.
L’articolo completo su Armi e Tiro di gennaio 2022
Scheda tecnica
Produttore: Steyr arms, steyr-arms.com
Distributore: Tfc, via G. Marconi 118/b, 25069 Villa Carcina (Bs), tel. 030.89.83.872, tfc.it
Modello: M9 A2 Mf
Tipo: pistola semiautomatica
Calibro: 9×21 mm
Funzionamento: chiusura geometrica sistema Browning modificato
Alimentazione: caricatore bifilare a presentazione singola
Numero colpi: 17
Lunghezza canna: 102 mm (4”)
Lunghezza totale: 187 mm
Altezza totale: 143 mm
Spessore: carrello 28 mm, fusto 30,5 mm
Percussione: percussore lanciato
Scatto: Semi-Doppia azione Reset action system
Sicura: manuale all’interno del ponticello; automatica al grilletto; automatica contro lo sparo inerziale attuata dal blocco offerto dal dente d’armamento del percussore; sistema di bloccaggio dell’arma tramite chiavetta
Mire: mirino a lama con dot bianco, tacca di mira tipo Novak con due riferimenti bianchi
Materiali: canna, carrello e congegni di scatto in acciaio, chassis in lega leggera, fusto in materiali polimerici
Peso: 770 grammi scarica
Qualifica: arma comune
Prezzo: 959 euro, Iva inclusa