In provincia di Grosseto, scoppia la polemica sull’aumento esponenziale di cinghiali e, manco a dirlo, il responsabile provinciale della Lav, Giacomo Bottinelli, spara a zero sui cacciatori. «La caccia ha prodotto l’incremento dei cinghiali sul territorio, non il contrario», afferma, «Lo ha fatto in passato con l’introduzione di animali dall’Est europeo e lo fa adesso con la modalità delle battute in braccata e dei foraggiamenti. Lo dice il Piano Faunistico venatorio provinciale di Grosseto, non la LAV, ma il convegno “Strategie e proposte per l’equilibrio naturale del territorio”, organizzato dalla Regione Toscana, si è limitato a lamentare il calo dei cacciatori commentandolo come la ragione del sovrannumero degli ungulati».
«La prima causa della presenza di cinghiali di grossa taglia è da imputarsi invece proprio alla caccia e all’allevamento: l’autoctono suide maremmano (Sus scrofa majori) è stato pressoché sostituito da individui provenienti dall’est Europa o da individui ibridati con maiali domestici. Si tratta di un dato comunemente accettato, in quanto i massicci cinghiali ungheresi sono stati introdotti in Maremma negli anni proprio a scopo venatorio e qui si sono accoppiati con gli animali da allevamento, producendo discendenze di stazza ancor più elevata».
«Ma il Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2012-2017 è persino più chiaro nel definire le cause della crescita dei cinghiali, e cioè la caccia stessa – ricorda Bottinelli -: “Il rapido incremento della popolazione in ambito provinciale è da imputarsi con ogni probabilità all’effetto delle braccate, che incidono sulla mobilità degli animali, e soprattutto alle operazioni di foraggiamento, che fanno sì che non ci siano flessi demografici legati agli andamenti climatici e di produttività ambientale”. Caccia in braccata e foraggiamenti da parte dei cacciatori provocano due effetti: l’allargamento delle aree di diffusione dei cinghiali e il rifornimento di cibo anche in periodi di carestia. Il risultato scontato è una maggiore riproduttività».
«Si tenta a tutti i costi di difendere la caccia come presidio del territorio – dichiara Bottinelli – mentre la realtà è all’opposto: la caccia è colpevole della diffusione e dell’incremento dei cinghiali. Questo è naturale, in quanto i cacciatori sono i primi interessati ad avere numerose prede a disposizione e la soluzione non può essere affidata proprio a chi non vuole trovarla. Dobbiamo perciò muoverci verso strategie diverse e non cruente, altrimenti rimarremo ostaggi di una classe venatoria tra l’altro sempre più in crollo numerico».