La politica si fa anche, a quanto pare, con la disinformazione. È quanto alcuni commentatori d’Oltreoceano stanno osservando con sempre maggior frequenza in relazione all’approccio del presidente federale Joe Biden per quanto riguarda l’auspicata messa al bando delle cosiddette “armi d’assalto”. Come è noto, c’è un progetto di legge votato dal Congresso appena prima della pausa estiva e nelle prossime settimane sarà il Senato a dover affrontare la discussione al riguardo. Nel frattempo, Biden alimenta il fuoco del disarmismo proponendo paragoni immaginifici sulle presunte caratteristiche tecnico-balistiche che i black rifle dovrebbero avere, al fine evidentemente di portare acqua al mulino della propria posizione politica. Così, in un discorso pubblico svoltosi pochi giorni or sono, Biden ha dichiarato, riferendosi alle carabine in .223 Remington, che “non c’è alcuna giustificazione per detenere un’arma da guerra, il cui proiettile ha una velocità cinque volte superiore rispetto a quella della maggior parte delle armi. Può penetrare anche i giubbetti antiproiettile. In nome di Dio, per quale motivo dovrebbe servirvi un’arma d’assalto?”. La dichiarazione risulta la copia carbone di un altro passaggio di un suo discorso pubblico, tenuto il 30 agosto scorso, nel quale ha sottolineato: “vi rendete conto che il proiettile di un Ar15 viaggia cinque volte più velocemente di un proiettile sparato da qualsiasi altra arma, e può perforare il Kevlar?”.
Che si tratti di affermazioni completamente destituite di qualsiasi fondamento tecnico appare evidente a chiunque abbia anche una conoscenza superficiale delle armi da fuoco, per confutare tali strampalate dichiarazioni il Washington post ha pensato tuttavia di scomodare Greg Wallace, un professore della Campbell university, il quale ha sottolineato che “l’affermazione del presidente secondo la quale un proiettile sparato da un Ar15 viaggia 5 volte più veloce di un proiettile sparato da qualsiasi altra arma è falsa. Inoltre, qualsiasi proiettile sparato da una carabina è in grado di perforare il Kevlar, le protezioni balistiche idonee ad arrestare i colpi di carabina necessitano di piastre in acciaio, ceramica o materiali compositi”.
Le iperbole narrative sulla balistica terminale non sono limitate però ai black rifle: lo scorso maggio, il presidente in un altro discorso, riferendosi in questo caso alle pistole calibro 9 mm, ha dichiarato che “un proiettile di 9 mm può far uscire un polmone dal corpo”, suscitando l’ilarità dei commentatori, i quali hanno osservato che probabilmente il presidente aveva confuso le pistole con i cannoni.
Le menzogne non risparmiano neanche i produttori di armi e l’industria armiera: Biden infatti in un discorso tenuto lo scorso febbraio aveva dichiarato che “l’industria armiera è sola in America che sia completamente esentata dalla possibilità di essere citata in giudizio dai cittadini. L’unica”. Anche in questo caso un professore, cioè Adam Winkler, docente di legge all’Università della California di Los Angeles, ha smentito tali affermazioni, dichiarando che “la normativa del 2005 non impedisce ai produttori di armi di essere citati per danni per difetti nel design dei loro prodotti. Così come avviene per i produttori di auto, anche i produttori di armi possono essere condannati per un prodotto difettoso. Il problema è che le vittime della violenza con armi da fuoco pretenderebbero di rendere i produttori di armi responsabili per l’utilizzo criminale di un prodotto che, dal punto di vista meccanico, funziona correttamente”.
Al di là delle posizioni politiche (ovviamente tutte legittime), se c’è una cosa che fa imbufalire gli americani è quando il loro presidente non dice la verità, come sottolineato da Jonathan Turley, professore della George Washington university law school: “dato che il presidente Biden sta suggerendo che le sue affermazioni siano idonee per promuovere un divieto, sarebbe necessaria l’accuratezza e la veridicità di tali dettagli”.