Porta il nome di un essere mostruoso della letteratura medioevale, è derivato dal 7,62×39 e tra i moderni 6,5 mm è uno dei più efficienti: minimo dispendio di polvere, massima resa fino a distanze medio-lunghe
Grendel è uno dei personaggi malefici del poema medioevale anglosassone Beowulf. Era un terribile mostro antropofago, discendente da Caino. Seminava terrore uccidendo e mangiando carne umana, di cui era insaziabile. Le sue caratteristiche principali erano la forza e la velocità. È forse per queste caratteristiche che Alexander arms, l’azienda statunitense che ha creato questo calibro, ha ritenuto di battezzarlo con il nome del poco simpatico mostro.
Come gran parte dei calibri oggi disponibili per il mercato civile, il Grendel è stato originariamente sviluppato per soddisfare un requisito militare relativo alla classe delle piattaforme Ar15 che, superate le non poche difficoltà iniziali, hanno mostrato di possedere eccellenti doti di modularità, precisione e leggerezza. Nel tempo, gli operativi hanno però valutato la letalità delle armi tipo M16-Ar15 e il loro tiro utile non del tutto adeguati.
Per questi due principali motivi è stata stimolata l’industria statunitense, per realizzare un calibro più performante che fosse migliorativo rispetto al 5,56 Nato (.223 Remington) e di precisione comparabile all’inossidabile 7,62 Nato (.308 Winchester).
All’industria venne posto un non indifferente paletto limitativo, doveva infatti realizzare una munizione che non sconvolgesse più di tanto l’architettura delle efficienti piattaforme Ar15. In buona sostanza era necessario realizzare una munizione dalle dimensioni tali da consentire di mantenere i vantaggi di economicità legati alla consolidata capacità produttiva delle canne e degli otturatori per gli Ar15.
Occorreva quindi sviluppare munizioni di dimensioni piuttosto contenute, comparabili (specialmente per quanto riguarda la lunghezza totale) con il 5,56 Nato.
La quadra fu intuita da Bill Alexander e Janne Pohjoispää, che compresero i vantaggi prestazionali del ridurre il diametro del colletto di bossoli già disponibili, in questo caso del 7,62×39: pertanto nel 2004, presentarono la prima cartuccia in calibro 6,5 mm con bossolo lungo solo 39 mm e con un diametro del bossolo di circa 11 mm. Di fatto si trattava di una cartuccia derivata da quella più comunemente usata per l’Ak47 con la riduzione del colletto da 7,62 mm a soli 6,5 mm. La modifica non si limitò tuttavia alla semplice riduzione del colletto, bensì interessò anche la conicità del corpo del bossolo (ridotta rispetto al 7,62×39) e l’angolo di spalla, portato dagli originali 16° e 23’ ai 30 gradi. In questo modo il bossolo ha assunto una superiore capacità interna ma, soprattutto, un rendimento combustivo più elevato, paragonabile a quello di un’altra cartuccia dalla elevatissima precisione intrinseca derivata dal 7,62×39, cioè il 6 mm Ppc. In effetti, molti autori statunitensi paragonano il 6,5 Grendel al wildcat 6,5 Ppc, anche se vi sono differenze nella lunghezza del colletto.
I risultati delle prove sul campo andarono al di là di ogni più rosea aspettativa, tanto che Alexander arms vantava che con palle di 123 grs era possibile colpire una pallina da tennis a 600 yard, mantenere un’adeguata precisione sino a 1.200 yard e avere un rinculo ridotto del 50 per cento rispetto a quello di un .308 Winchester. Per quanto riguarda invece l’impiego venatorio, lo slogan era che il Grendel fosse idoneo per cacciare from rabbit to elk (dalla lepre all’alce). Poco rimarrebbe di una lepre colpita con un 6,5 mm e anche se non sono un cacciatore forse sceglierei qualcosa di più “consistente” per abbattere un alce. Sulla base della ormai consolidata esperienza dei cacciatori Usa e australiani, Grendel appare però sicuramente idoneo per la caccia del cervo e del cinghiale. Pur considerando gli slogan aziendali di natura più pubblicitaria che tecnica, il fatto che Grendel fosse una munizione con interessanti prestazioni emergeva sempre più dalle evidenze raccolte da chi era deputato a svolgere rigorose verifiche sul campo.
Per quanto riguarda la comparazione con il .308 Winchester c’è da dire che il Grendel, a medie distanze, mantiene meglio la velocità, ha una maggior capacità di penetrazione e minor deflessione con vento laterale. A 800 yard il Grendel ha una maggior caduta di soli 25 cm rispetto al 7,62 che, per contro, sente maggiormente il vento laterale. Naturalmente il .308 Winchester ha migliori prestazioni alla lunga distanza, sino e oltre i 1.000 metri. Nella scelta del calibro occorre, però, valutare anche a quale distanza si possa sparare. Un recente sondaggio riporta infatti che circa il 75 per cento dei tiratori spara a non più di 300 metri, un 20 per cento si impegna sino a 500-600 metri e solo un 5 per cento si cimenta saltuariamente anche a distanze sino ai 1.000 metri e oltre.
Secondo questo sondaggio, il 6,5 Grendel coprirebbe quindi le esigenze di impiego del 95 per cento dei tiratori. Non dobbiamo però dimenticare che in origine Grendel fu concepito come munizione migliorativa rispetto al 5,56 Nato e in realtà per quanto riguarda la traiettoria e le velocità è risultato decisamente superiore. Per quanto riguarda la velocità, con munizionamento commerciale, il Grendel è ancora supersonico a distanza di circa 900 metri, mentre il .223 entra nel campo subsonico circa 300 metri prima.
In buona sostanza è possibile quindi affermare che il Grendel ha pienamente svolto il compito assegnato.
Dal punto di vista delle prestazioni, si colloca a cavallo fra il 5,56 Nato e il 7,62 Nato, cogliendo le qualità migliori dei due quanto a volume e peso ridotti, traiettoria piatta, mantenimento dell’energia terminale e minor deflessione con vento laterale.
Grazie alla possibilità di impiegare un’ampia gamma di palle, il Grendel offre adeguate prestazioni al poligono e per la caccia ad animali più piccoli con l’impiego di palle leggere (90-123 grs), mentre per la caccia ad animali più grandi e per il tiro a distanza sono disponibili palle più pesanti (130-140 grs).
In questa breve rassegna, soprattutto qualitativa, credo sia anche importante evidenziare un parametro caratteristico che dà un’idea dell’usura delle canne.
Essendo un frequentatore di poligono piuttosto assiduo nella scelta delle armi ho sempre dato peso alla loro durata. Questo è un problema certamente minore per i cacciatori che sparano un numero limitato di colpi nell’arco dei 365 giorni, ma diventa invece rilevante per chi ama bucare la carta sparando molti colpi nell’interminabile ricerca della rosata ideale.
I fattori che condizionano la durata delle canne sono diversi ma possiamo affermare che, a parità di altre condizioni, le alte temperature d’impiego e le maggiori pressioni ne riducono la vita.
È stato anche elaborato un indice che più facilmente ci può aiutare a capire quali possono essere le canne più longeve. Si tratta del cosiddetto indice “overbore” che non è altro che il rapporto fra volume del bossolo e la sezione (area) del colletto. A parità di altre condizioni, minore è questo valore maggiore l’aspettativa di vita delle canne. Facendo una comparazione tra 6,5 Grendel, .222 e .223 Remington, .308 Winchester e 6,5 Creedmoor, la cartuccia Grendel risulta come quella che meno usura le canne, diversamente dal 6,5 Creedmor che tende a ridurne la vita più rapidamente. Ulteriore, non trascurabile notazione riguarda il consumo di polvere. Una tipica carica media Grendel (Vihtavuori N133 con palle da 123 grs) è dell’ordine dei 24 grs, molto prossima a quelle del .223 e circa il 40 per cento in meno del .308 Winchester.
Possiamo così affermare che se .223 e .308 sono comunque munizioni efficaci nel loro impiego, il Grendel le supera in efficienza in quanto con carica simile offre prestazioni decisamente superiori al .223 Remington e comparabili al .308 Winchester, rispetto al quale impiega però una carica molto ridotta.
Abbiamo visto che il 6,5 mm Grendel soddisfa appieno il requisito militare per il quale è stato concepito, ma quanto di questo interessa più da vicino i frequentatori del poligono e soprattutto i cacciatori a cui in Italia è precluso impiegare piattaforme tipo Ar15?
Le sorprendenti e per qualche verso inaspettate risultanze del Grendel hanno stimolato l’implementazione di questo calibro anche su armi bolt-action, migliorandone ulteriormente le prestazioni grazie alla intrinseca maggior precisione dell’arma a caricamento manuale singolo.
Alcune aziende producono carabine in calibro Grendel spinte dalla sempre maggior richiesta dei tiratori dove è già in uso tale calibro (Nord America e Australia). Il vecchio continente si è invece mostrato più lento a recepire, anche se i piani di Bignami ne prevedono finalmente l’importazione a partire già dalla fine 2019.
Il 24 ottobre 2019 è finalmente squillato il telefono, si trattava dell’Armeria Ciaffoni (Rm) che aveva seguito il mio progetto sin dalle prime fasi e avvisava di passare per ritirare la carabina e, naturalmente, corrispondere l’importo pattuito. Ho scelto la carabina Cz per valutare il calibro 6,5 mm Grendel perché avendone già avute 3 so che si tratta di armi ben fatte a prezzi accessibili; ritenevo inoltre che la generosa canna da 25.6” (650 mm) con diametro al vivo di volata di 22 mm garantisse adeguate prestazioni pur risultando di dimensioni compatibili con l’attività venatoria. La carabina è del tutto simile a quella già commercializzata da anni in .222 e .223 Remington. La prima sensazione è stata quella di un’arma molto curata nel design. Ho avuto in passato una Cz 527 Varmint, ma debbo dire che l’Mtr è profondamente migliorata nelle forme. La scelta del legno, impreziosita da 2 loghi aziendali incisi sulla calciatura attribuisce un fascino particolare alla carabina. La forma dell’arma piuttosto elaborata evidenzia l’attenzione posta da Cz nel renderla idonea per l’impiego al poligono e maneggevole per chi caccia. L’impugnatura ergonomica verticale e l’astina con zigrinature antiscivolo consentono un positivo controllo dell’arma. Utilizzando una banconota come spessimetro ho verificato che la canna fosse flottante senza alcun contatto con la calciatura. La distanza dal calcio al grilletto (lenght of pull) è di 350 mm, più che idonea per la media dei tiratori. Per il mio braccio piuttosto lungo dovrò forse aggiungere un distanziatore sul calcio per migliorare la postura di sparo. La carabina è realizzata per tiratori destrimani. È possibile sparare anche con la sinistra ma non si ha il vantaggio della sagomatura anatomica per il pollice. La rotazione dell’otturatore è di a ca 90 gradi e permette di evitare interferenze con gruppi ottici relativamente voluminosi e bassi. Con la slitta e gli anelli Contessa che ho montato, il reticolo dell’ottica è risultato naturalmente allineato con l’occhio e non ho avuto necessità di aggiungere spessori sul calcio. L’estremità sferica della leva di azionamento dell’otturatore Micro-Mauser è a mio avviso piuttosto piccola. Per questo motivo ho preferito sovrapporre una sfera di gomma su quella esistente in acciaio in modo da agevolare il maneggio dell’otturatore. L’alimentazione delle munizioni avviene da un caricatore metallico monofilare. L’incameramento dei colpi e l’espulsione dei bossoli tramite l’otturatore “mini Mauser” avviene senza problemi preferendo movimenti decisi. L’inserimento e l’estrazione del caricatore avvengono azionando una levetta di rilascio laterale. Il caricatore va allineato con la sede in modo preciso, altrimenti non è possibile inserirlo o estrarlo, così come inevitabilmente accade con l’arma nuova ai primi tentativi. La sicura ha le due posizioni classiche, quando inserita blocca anche l’otturatore, è ben collocata e sicura nell’impiego. Il grilletto è regolabile nella corsa e nel peso, con l’impostazione di fabbrica aveva una impercettibile precorsa e poi si azionava in maniera secca e precisa senza indesiderabili giochi e rugosità. Ho misurato lo sforzo medio pari a 1.980 grammi, che ho preferito ridurre a 1.300. È comunque possibile ridurlo ulteriormente sino a circa 1.000 grammi. Non è presente lo stecher. Purtroppo per effettuare le regolazioni occorre smontare il calcio e la documentazione tecnica a corredo dell’arma non fornisce utili indicazioni per la regolazione dello scatto; ho dovuto pertanto affidarmi a un tutorial di youtube con riferimento al modello della Cz 457. Le caratteristiche del gruppo scatto lo rendono idoneo per l’attività venatoria e il tiro, i bench rester alla ricerca di uno scatto piumato dovranno pensare di sostituirlo con un prodotto aftermarket più specifico per il tiro di massima precisione.
Avrei preferito iniziare le prove a fuoco con cartucce commerciali per avere un riferimento di base, ma purtroppo i colpi non sono ancora disponibili in Italia e così ho dovuto iniziare con quelli ricaricati.
La dotazione completa dei materiali per la ricarica è stata acquistata in rete grazie alla gamma completa di prodotti offerti da Brownells.it, azienda direttamente collegata al mercato Usa dove questo calibro è ampiamente diffuso. Abbiamo acquistato il Lee Pace setter (cod. 100053131), gli shell holder Lee universale (#12, cod. 100010072) e per l’Auto prime (#12, cod. 749000425), il Case gauge Wilson (cod. 749003956), il set di die Qt Lee e il set di die Redding Type S con bushing (questi ultimi due acquistati direttamente negli Usa). Ci siamo inoltre muniti di palle Lapua Scenar di 123 grs, bossoli Hornady, polvere Vihtavuori N133, ottica Bushnell 4,5-18×40 con anelli Contessa Lpr02/A h8, slitta Contessa Ph63, bipiede tipo Harris e cronografo.
La scelta dell’ottica è stata fatta in considerazione della distanza di tiro nelle prove e per riflettere più realisticamente le esigenze venatorie che favoriscono ottiche compatte, di peso limitato ma con adeguati ingrandimenti.
Per quanto riguarda invece gli attacchi ho preferito non correre rischi e scegliere quelli di alta qualità Contessa, che garantiscono un fissaggio sicuro e allineamenti del tubo dell’ottica estremamente accurati. Le prove sono svolte il 28 ottobre e il 2 novembre 2019, con temperatura rispettivamente di 17 e 15 °C, umidità relativa dell’81 e 84 per cento, pressione di 1.016 e 1.009 millibar, vento pressoché assente. Il primo giorno la giornata era soleggiata, il secondo era coperto.
Dopo una veloce fase di allineamento dell’ottica a 50 metri, ho sistemato le sagome a 100. La scelta di questa distanza non è stata casuale, perché è quella di riferimento che i produttori normalmente usano per garantire la precisione, generalmente fissata a un Moa (25,4 mm a 100 yard, 27,8 mm a 100 metri) anche per armi di qualità.
Ho contattato direttamente l’Ufficio tecnico Cz che mi ha assicurato che, grazie alla finitura delle loro canne, non è richiesto il cosiddetto “rodaggio”. Questa gradita notizia mi ha evitato una lunga e quanto mai seccante fase di pulizia. Cz mi ha comunque raccomandato di non surriscaldare l’arma durante i primi colpi, cosa che comunque è sempre bene evitare perché le canne non amano le alte temperature.
La palla Lapua Scenar 123 grs toccava le rigature con una lunghezza totale della cartuccia pari a 57,5 mm. Ho preparato i colpi utilizzando bossoli nuovi senza preformarli con i die.
La prima sorprendente quanto gradevole sensazione è stata quella di un rinculo veramente blando, inferiore ad analoga arma in .223 Remington. Ciò permette di mantenere la linea di tiro dopo lo sparo senza dover riposizionare l’arma per riacquisire il target. L’applicazione di un freno di bocca, anche se non necessario, potrebbe ridurre il rinculo a valori oltremodo contenuti. Dall’esame dei bossoli sparati non ho riscontrato alcun segno di sovrappressione.
Sulla base dei risultati ottenuti sono apparse migliori le cariche relativamente basse, pari a soli 22-23 grs di polvere. In particolare quella di 23 grs ha fatto una rosata di soli 11 mm. La carica migliore è risultata essere comparabile con quella di un calibro .223 Rem e del 40 per cento inferiore a quella di un .308 Winchester. Le prove hanno pertanto confermato l’elevatissima efficienza di queste munizioni che in termini di polvere garantiscono un sicuro risparmio.
I risultati delle prove a fuoco hanno confermato le aspettative di precisione di questo calibro. Quanto emerso non può comunque considerarsi del tutto esaustivo e la precisione può essere sicuramente migliorata affinandola attraverso la ricarica. Si tratta di un processo non breve, in quanto occorre mettere a sistema e provare al poligono una complessa matrice di variabili fra cui le polveri, i bossoli, le ogive, gli inneschi, la lunghezza totale della cartuccia, le condizioni ambientali e altro. Ma questo è sicuramente il sale per chi ricarica.
L’articolo completo su Armi e Tiro di dicembre 2019