Nell'ambito della conferenza Onu sulle armi leggere si ripropongono inquietanti e impropri accostamenti tra azioni di guerra, criminalità e possesso legittimo di armi da parte dei civili…
Si è conclusa la prima settimana di lavori della terza conferenza delle Nazioni unite sulla “Revisione del programma d’azione per prevenire, combattere, sradicare il traffico illecito di armi leggere”. La conferenza, che si concluderà il 29 giugno, viene convocata ogni sei anni per valutare le criticità esistenti relativamente alla diffusione delle “armi leggere”. Dai lavori emerge una posizione degli Stati membri dell’Onu volta a delineare legislazioni nazionali adeguate a gestire al meglio le proprie scorte di armi, regolamentando le figure dei mediatori e impegnandosi nella cooperazione regionale. Secondo le Ong internazionali, come la rete Iansa, queste posizioni dovranno essere implementate con maggior coraggio, prevedendo per esempio interventi di controllo non solo sulle armi, ma anche sulle munizioni, a oggi non previsti.
A fronte di questi obiettivi senz’altro lodevoli e condivisibili, desta una certa preoccupazione il perdurare della commistione sotto il generico termine di “armi leggere” di universi molto differenti e lontani tra loro, come per esempio le armi provenienti dalle scorte militari e quelle invece destinate al mercato venatorio, sportivo e della difesa personale, le armi legalmente detenute e quelle di provenienza illegale. Non può quindi lasciare tranquilli, per esempio, che per lo Small arms survey l'85% delle armi sia “in mano ai civili”, su un totale di circa un miliardo di esemplari a livello mondiale, contro un 13 per cento conservato negli arsenali militari e un 2 per cento sotto il controllo di polizie e forze dell’ordine. Si stima, per contro, che solo meno del 15% delle armi detenute da civili sia legalmente registrato. Il segretario generale Onu, Antonio Gutierres, in occasione dell’inaugurazione della conferenza ha affermato che “Le armi di piccolo calibro sono spesso un fattore di violazione dei diritti umani su larga scala e di spostamento forzato dei civili. Il controllo delle armi di piccolo calibro è un prerequisito per la stabilità e per la prevenzione dei conflitti, elementi fondamentali per raggiungere gli obiettivi mutualmente rafforzanti di pace e sviluppo sostenibile. Tragicamente, molti di quelli che ogni anno premono il grilletto sono uomini che usano un'arma acquistata illegalmente contro le donne proprie partner. In alcuni Paesi, oltre il 60% di uccisioni di donne sono commesse con armi da fuoco”.
La preoccupazione, legittimata da quanto accaduto con la discussione della direttiva europea del biennio 2015-2017, è che per intervenire sulla piaga delle armi illegali in mano ai civili, si decida di intervenire innanzi tutto su quelle legali. Atteggiamento che, appunto, la direttiva 2017/853 ha palesato in modo evidente. Occorre, quindi, tenere la guardia alta, anzi altissima…