L’europarlamentare dichiara: «Non si usino le armi da fuoco come specchietto per allodole in nome di un'ideologia assolutista e approssimativa»
Riceviamo a pubblichiamo un interessante e puntuale intervento dell'eurodeputato Stefano Maullu sul tema delle armi in relazione all’approvazione alla camera delle nuove norme sulla legittima difesa.
"Ideologia cieca che non si basa su dati, numeri, realtà. Ideologia che diventa strumento di una vera e propria campagna mediatica e istituzionale che mira a demonizzare in modo acritico le armi da fuoco e il valore del possesso legale delle stesse. È proprio quello che sta succedendo in Italia e in Europa. Si pensi alla modifica della Direttiva 477 al Parlamento europeo, con l'obiettivo di prevenire e contrastare il terrorismo limitando il possesso legale di armi da fuoco. Il risultato? Gli attentati vengono messi in atto con armi bianche, con automobili, con camion lanciati sulla folla. E la Direttiva 477 finisce per mettere in difficoltà senza alcun motivo i legali possessori, gli appassionati, i tiratori sportivi, i collezionisti. Chi, semplicemente, detiene un'arma da fuoco nel pieno rispetto delle regole. E questo, appunto, è un valore, un diritto, una libertà che non può essere negata senza alcuna base logico-deduttiva concreta. Dall'Europa all'Italia, emblematico è quello che sta accadendo intorno al dibattito sulla legittima difesa. Tralasciando il pasticcio nell'iter legislativo della riforma – il riferimento alla notte ha bisogno di pochi commenti – che non va a fare chiarezza su un tema di importanza fondamentale e costringerà ancora tanti onesti cittadini che si difendono a calvari giudiziari insensati, si nota un fiorire di opinioni e analisi sui media che fanno riflettere. Colpisce l'approccio al tema, con un'impronta ideologica di contrarietà aprioristica rispetto alle armi da fuoco. Vediamo inchieste basate su statistiche parziali, terminologie imprecise, basi e fonti lacunose con il solo obiettivo di comunicare che le armi da fuoco sono il male assoluto. Non manca all'appello il Corriere della Sera, con un'inchiesta dalla quale emerge il classico slogan 'più armi in circolazione = meno sicurezza'. Siamo proprio sicuri? Su quali basi si afferma una cosa del genere? Per non parlare dei 23 femminicidi su 115 che nel 2016 sono stati commessi con pistole regolarmente denunciate. Tralasciando la scarsa percentuale sul totale che comunque dovrebbe far riflettere, la domanda vera sarebbe un'altra: se quei 23 assassini non avessero avuto a disposizione una pistola regolarmente denunciata non avrebbero ucciso? La risposta probabilmente andrebbe chiesta agli altri 92 assassini che evidentemente hanno commesso altrettanti femminicidi con altri strumenti. Esistono decine di studi criminologici indipendenti che stabiliscono come la correlazione tra il possesso legale di armi e il tasso di omicidi e reati non sia assolutamente dimostrabile nei fatti e nei numeri, così come legislazioni molto restrittive rispetto al possesso di armi non portano ad una corrispondente diminuzione della criminalità. Perché, allora, il possesso legale di un'arma da fuoco deve diventare un mostro da combattere, un male da estirpare? Si combatta realmente la criminalità, si prevengano e si contrastino i reati e chi li commette, si lavori sul contesto e non si usino le armi da fuoco come specchietto per allodole in nome di un'ideologia assolutista e approssimativa. Si combatta, per esempio, il mercato nero delle armi, tutelando invece chi le armi le possiede rispettando le regole, passando attraverso controlli e test di idoneità per poter usufruire di un diritto inviolabile. Non è disarmando le persone per bene che si fermano i delinquenti. Al massimo, potremmo ragionare sul contrario".